In Siria, in un’area situata appena fuori Damasco, una ong ha ritrovato una nuova fossa comune. Potrebbe contenere almeno 100mila corpi di persone uccise.
La fossa è stata rinvenuta a 40 chilometri a nord di Damasco, nella località di al-Qutayfah. Sul posto il capo della ong Syrian Emergency Task Force, Mouaz Moustafa. Secondo quest’ultimo si tratterebbe di una delle 5 fosse comuni da lui identificate nel corso degli anni del regime.
“100mila è la stima più prudente del numero di corpi sepolti nel sito. – ha detto Moustafa – È una stima estremamente prudente. Queste fosse comuni custodiscono i segreti di 54 anni di dispotismo, torture e dittatura. È solo l’inizio”. Altre 12 fosse sono già state trovate nel sud della Siria. Secondo l’emittente al-Jazeera, una di esse conteneva 22 corpi, anche di donne e bambini, che presentavano segni di torture e di un’esecuzione.
Mustafa ha detto di essere certo che ci fossero più fosse comuni dei 5 siti. E che tra i morti siriani figurerebbero cittadini americani e britannici e altri stranieri. Secondo il responsabile di Syrian Emergency Task Force il ramo dell’intelligence dell’aeronautica militare siriana era responsabile del trasporto dei corpi dagli ospedali militari. Qui venivano raccolti dopo che erano stati torturati a morte, a vari rami dell’intelligence, prima di inviarli alla fossa comune.
Nelle scorse ore in Siria si è recato anche un team dell’organizzazione Human Rights Watch che ha visitato il sito nel quartiere di Tadamon, a sud di Damasco. La squadra ha trovato decine di resti umani sia nel luogo di un massacro avvenuto nell’aprile 2013 sia altri sparsi nel quartiere circostante.
“Senza sforzi immediati da parte della Siria e della comunità internazionale per proteggere e preservare i probabili siti di crimini di massa per esumazioni coordinate e indagini forensi, c’è un serio rischio che prove fondamentali per l’accertamento delle responsabilità vengano perse. – ha affermato Hiba Zayadin, ricercatrice senior per il Medio Oriente e il Nord Africa presso Hrw – I cari di persone uccise così brutalmente qui meritano di sapere cosa è successo loro. Le vittime meritano che le responsabilità vengano riconosciute“.
I ricercatori hanno anche parlato con un residente della zona. Questo ha affermato che un gruppo paramilitare filo-governativo ha costretto lui e altre persone a seppellire i corpi in fosse scavate in precedenza. E a scavare tunnel nella zona nel 2015 e nel 2016. Sul posto, Hrw ha trovato resti umani, tra cui denti e cranio, mascella, mano e ossa pelviche sul terreno e in un sacco raccolto dai residenti.
Resti umani sono anche sparsi sul pavimento degli edifici accanto alla fossa comune. Portando i ricercatori a concludere che altre persone sono state molto probabilmente uccise o sepolte nello stesso luogo. I residenti di Tadamon hanno affermato che le esecuzioni nella zona erano comuni. In interviste del 2022, hanno descritto almeno altri 10 episodi di esecuzioni sommarie tra agosto 2012 e gennaio 2014. Esecuzioni avvenute a Tadamon, Daraya, Moadamiya e nelle aree circostanti. La zona è stata anche il luogo di scontri armati tra le forze governative siriane e i combattenti dell’Esercito siriano libero tra il 2012 e il 2013.
Un residente di Tadamon di 24 anni, che ha vissuto nella zona durante il conflitto, ha detto a Human Rights Watch che, almeno fino al 2020, i membri delle Forze di difesa nazionale (Ndf), un gruppo paramilitare filogovernativo, avevano impedito ai residenti di avvicinarsi a un’area di almeno un chilometro quadrato che comprendeva la fossa comune.
L’uomo ha raccontato che tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016, lo hanno costretto (all’epoca aveva 15 anni), a recarsi nella zona per costruire tunnel, estrarre i corpi dalle macerie e gettarli in fosse scavate in precedenza. Un altro residente ha detto che il 20 maggio 2013 sua madre, 61 anni, sua sorella, 27 anni, e sua figlia, 12 anni, sono andate a casa loro vicino a questa zona per prendere alcune delle loro cose e non sono mai tornate.
“La comunità internazionale dovrebbe fornire supporto alle autorità locali e ai gruppi competenti per la preservazione di questo sito e di siti simili in tutto il Paese. In modo che vengano raccolte prove e i responsabili possano essere ritenuti tali“, ha concluso Zayadin.