Nelle stesse ore in cui la delegazione Usa partiva per la Siria per un confronto con la società civile e al-Jolani sul futuro e sulla democrazia, l’esercito Usa uccideva due membri dello Stato islamico nella provincia di Deir ez Zor.
Le due vittime sono il leader dell’Isis Abu Yusif, alias Mahmud e un altro combattente. Uccisi ieri, giovedì 19 dicembre, dagli uomini del Comando centrale degli Stati Uniti (Centcom) in uno degli attacchi aerei degli Usa dopo la caduta di Assad, per evitare che l’Isis approfitti del vuoto di potere per ricostituirsi.
Da un lato ci sono le promesse di al-Jolani di rendere la Siria un Paese democratico, dall’altro lo spettro del terrorismo. La dicotomia si riflette anche nella percezione della comunità internazionale che al momento aspetta per capire cosa succederà dopo la fine del regime.
Nelle ultime ore gli americani uccidevano il leader dell’Isis, un funzionario Usa ha definito “positivo e proficuo” l’incontro tra la delegazione americana con a capo l’assistente segretario di Stato per gli Affari del vicino Oriente Barbara Leaf e il leader del gruppo islamista Hayat Tahrir al-Sham (Hts) Abu Mohammed al-Jolani, che nelle scorse settimane ha preso il potere in Siria rovesciando il regime di Bashar al-Assad.
La delegazione comprendeva anche l’inviato speciale per gli ostaggi Roger Carstens e il nuovo consigliere speciale per la Siria Daniel Rubinstein. Al termine dell’incontro non si è tenuta la conferenza stampa attesa, che è stata annullata “per motivi di sicurezza”.
Il giallo sulla sparizione del giornalista Usa Austin Tice
Sul tavolo, la possibilità di cancellare le sanzioni internazionali contro la Siria e anche HTS dalla lista delle organizzazioni terroristiche individuate dagli Usa. Nell’incontro si è discusso anche della visione dei siriani sul futuro del Paese e di come gli Stati Uniti potrebbero sostenerli nello sviluppo.
L’apertura degli Usa e non solo è tale fino a un certo punto. Il gruppo americano è arrivato in Siria anche per cercare informazioni sul giornalista americano Austin Tice, scomparso in Siria dal 2012 a un posto di blocco, in una zona contesa a ovest di Damasco.
Si sono perse le tracce del cronista dopo un video pubblicato poche settimane dopo, che lo ritraeva bendato e tenuto da uomini armati. Il governo di Assad aveva dichiarato pubblicamente di non aver mai fermato Tice. E anche con la fine del regime al momento di lui non ci sono ancora notizie.
All’indomani della fine del regime, al-Jolani parla di una Siria diversa, dove la libertà farà da padrona tanto da rendere il Paese un esempio di democrazia. La promessa di difendere le minoranze religiose e i diritti delle donne sembra una ventata d’aria fresca. Ma allo stesso tempo la comunità internazionale resta scettica e teme che si tratti solo di parole.
Gli Stati Uniti non hanno una presenza diplomatica in Siria dal 2012, quando hanno deciso di chiudere la loro ambasciata a Damasco durante la guerra civile. Ma hanno lasciato i loro soldati in alcune parti per combattere contro l’Isis. E dalla caduta di Assad hanno intensificato gli attacchi aerei contro obiettivi del gruppo terroristico, nel timore che possa approfittare del momentaneo vuoto di potere per ricostituirsi.
Al-Jolani: “I cittadini, e non altri Stati, decideranno il futuro della Siria”
Il futuro della Siria è ora nelle mani del popolo, come ha dichiarato al-Jolani, secondo il quale il colpo di Stato portato avanti dall’Hts ha “portato indietro di 40 anni il progetto iraniano nella regione”. In un’intervista rilasciata al quotidiano panarabo Asharq al Awsat, ha avvisato che la Siria non sarà più usata per “attaccare o destabilizzare” un altro Paese della regione araba o del Golfo. Il Paese “era diventato la piattaforma dell’Iran per controllare le principali capitali arabe, diffondere guerre e destabilizzare il Golfo con droghe come il captagon”.
L’obiettivo è ricostruire lo Stato. “La rivoluzione è finita con la caduta del regime e non permetteremo che si diffonda altrove”. Al-Jolani ha intenzione di riprendere i rapporti con le nazioni arabe. Lontane anche le mire espansionistiche sul Libano: “C’è abbastanza da fare nella stessa Siria”.
Che tipo di governo ci sarà in Siria, lo decideranno i cittadini con elezioni libere e non un Paese straniero. “Siamo in una fase di passaggio dei poteri, poi passeremo a una seconda fase che riguarderà il Congresso nazionale generale”. Lo ha spiegato al Jolani in un’intervista al Tg1. Durante il congresso verranno istituite commissioni costituzionali guidate da esperti che decideranno la giurisdizione del Paese e la forma dello Stato. “Dopodiché sarà sottoposto al giudizio del popolo. In seguito la Siria farà in modo che vengano garantite le condizioni per le elezioni politiche”.
Intanto Turchia e Israele sono in rotta di collisione sulla questione della Siria. Entrambi i Paesi sono alleati degli Usa e nel Paese hanno una storia di relazioni tese e difficili. Il presidente turco Recep Tayyp Erdogan si è mostrato a favore dello sradicamento delle organizzazioni terroristiche in Siria, facendo riferimento al gruppo dello Stato Islamico (EI) e al Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk).