“Isis non è morto, si sta riorganizzando”: perché il terrorismo rischia di tornare in Europa

L’Isis potrebbe approfittare del vuoto momentaneo di potere in Siria per riorganizzarsi. Il pericolo per l’Occidente. 

Il gruppo terroristico avrebbe sequestrato le armi dell’esercito siriano caduto insieme con il regime di al-Assad. Molti suoi componenti sono già usciti dalle carceri, mentre altri potrebbero uscire a breve per tornare a combattere in Siria e non solo. Circa duemila soldati Usa sono impegnati nella lotta al terrorismo. Nei giorni scorsi in un attacco aereo Usa è stato ucciso Abu Yusif, considerato uno dei leader dell’Isis.

La foto di un talebano
“Isis non è morto, si sta riorganizzando”: perché il terrorismo rischia di tornare in Europa (Ansa Foto) – notizie.com

Abu Yusif è morto insieme con un altro componente del’Isis in un attacco aereo del Centcom, il Comando centrale americano che ha intensificato la sua presenza nell’ultimo periodo in Siria, proprio per combattere l’Isis. Dalla caduta del regime di al-Assad, circa duemila soldati Usa sono impegnati a scongiurare il pericolo che il gruppo terroristico, approfittando del momentaneo vuoto di potere, possa riorganizzarsi e ricominciare a pianificare e condurre attacchi contro civili, esercito Usa e alleati della Siria e altri Paesi.

Com’è noto, gli americani si trovano in Siria dal 2014 e collaborano con le Forze democratiche siriane a guida curda. In questo momento, i 900 uomini che fanno parte della missione a lungo termine, sono affiancati da altre forze aggiuntive e temporanee per scovare i combattenti del’Is. Quando il regime di Assad è caduto sotto il colpi dell’Hts guidato da al-Jolani, tantissimi terroristi hanno lasciato le carceri.

Isis: “un vero e proprio esercito è detenuto”

Altri sarebbero reclusi in prigioni “improvvisate”, sorvegliate dalle forze curde, sostenute dagli Usa ma contrastate dalla Turchia. Nel frattempo i curdi hanno continuato a scontrarsi con i combattenti sostenuti da Ankara e da cellule dello Stato islamico ancora attive.

Si tratterebbe di un vero e proprio esercito detenuto: così lo ha definito Joseph Votel, generale a riposo che per tre anni, dal 2013 al 2016, ha guidato il Comando centrale Usa durante la guerra contro l’Isis. Secondo Politico, in questo momento la maggior parte dei combattenti dell’Is si trovano in Siria e in Iraq, ma i jihadisti arrivano anche da Europa, Asia Centrale e Nord America, Usa inclusi.

L’attentato al mercatino di Natale a Magdeburgo, Germania, di ieri, venerdì 21 dicembre, ha fatto tornare attuale l’incubo del terrorismo. Il bilancio ufficiale dei morti è in aggiornamento ma nel momento in cui si scrive è di cinque, tra cui un bambino. 41 sono i feriti e altre 86 persone sono ricoverate in diversi ospedali. Il responsabile sarebbe Taleb Al Abdulmohsen, un medico di 50 anni, considerato un lupo solitario, una cellula dormiente.

Forze dell'ordine dopo l'attacco al mercatino di Natale di Magdeburgo
Isis: “un vero e proprio esercito è detenuto” (Ansa Foto) – notizie.com

L’attacco al momento non è stato rivendicato da nessuna organizzazione terroristica, ma rende comunque necessaria una stretta sui controlli anti-terrorismo. Cosa pensano Siria ed Iraq della situazione?

Il primo ministro iracheno Mohammed Shia’ Sabbar Al Sudani ha dichiarato che l’Isis non è più un problema per l’Iraq e che il suo governo sta monitorando i movimenti del gruppo insieme con Giordania e i partner internazionali. Queste dichiarazioni però, si scontrano con quelle del suo ministro degli Affari Esteri Fuad Hussein, che ha confermato che l’Isis si sta riorganizzando, a cominciare dai suoi capi. 

Proprio Hussein ha spiegato che dopo il crollo dell’esercito siriano, i componenti del gruppo terroristico avrebbero sequestrato una grande quantità di armi e adesso starebbero ampliando il loro controllo su altre aree. E in una telefonata con il ministro britannico per il Medio Oriente e il Nord Africa, ha messo in evidenza il pericolo che i membri dell’Isis possano scappare dalle carceri siriane e dal caos in corso nel campo di Al-Hawl, nel nord est della Siria, dove vivono le loro famiglie.

Il rischio che possano arrivare in Europa è reale ed è proprio per questa ragione che i leader europei, inclusi la premier italiana Giorgia Meloni e il ministro degli Esteri Antonio Tajani, hanno deciso di andarci cauti prima di dare credito al dopo-Assad, con lo scopo di monitorare la situazione.

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