Cecilia Sala, giornalista italiana in Iran per svolgere servizi giornalistici, è stata fermata il 19 dicembre scorso dalle autorità di polizia di Teheran.
A comunicarlo è stato in queste ore il Ministro degli Affari esteri. Il caso è all’attenzione del titolare del Dicastero Antonio Tajani, dell’Ambasciata, del Consolato d’Italia a Teheran, della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Cecilia Sala ha 29 anni ed è una giornalista freelance che collabora con il Foglio. È autrice e voce del podcast Stories, di Chora Media. Ha pubblicato diversi reportage su L’Espresso, Vanity Fair e Wired. Ha seguito sul campo la crisi in Venezuela, le proteste in Cile e la caduta di Kabul nelle mani dei talebani ad agosto 2021 e la guerra in Ucraina. Tra le sue pubblicazioni, Polvere. Il caso Marta Russo (Mondadori) scritto insieme a Chiara Lalli e L’incendio. Reportage su una generazione tra Iran, Ucraina e Afghanistan (Mondadori). In precedenza ha lavorato nelle redazioni di Vice e Servizio Pubblico.
Oggi l’ambasciatrice d’Italia Paola Amadei ha effettuato una visita consolare per verificare le condizioni e lo stato di detenzione della dottoressa Sala. Tra le due c’è stato un abbraccio. L’ambasciata ha anche avviato le procedure con le autorità iraniane per consegnare a Sala generi di conforto e prodotti per l’igiene personale. La famiglia della giornalista è stata informata dai risultati della visita consolare. In precedenza la giovane aveva avuto la possibilità di effettuare due telefonate con i parenti. In accordo con i genitori, la Farnesina ha invitato alla massima discrezione i media per agevolare una veloce e positiva risoluzione della vicenda.
Con una nota Chora Media ha diffuso diversi dettagli. Cecilia Sala è stata arrestata a Teheran giovedì 19 dicembre ed è in carcere, in una cella di isolamento, da una settimana. È stata portata nella prigione di Evin, quella dove vengono tenuti i dissidenti. Il motivo del suo arresto non è ancora stato formalizzato. Cecilia era partita il 12 dicembre da Roma per l’Iran con un regolare visto giornalistico e le tutele di una giornalista in trasferta. Aveva fatto una serie di interviste e realizzato tre puntate del suo podcast Stories di Chora News. Sarebbe dovuta rientrare a Roma il 20 dicembre, ma la mattina del 19, dopo uno scambio di messaggi, il suo telefono è diventato muto.
“Conoscendo Cecilia, – hanno fatto sapere da Chora Media – che ha sempre mandato gli audio per le puntate del podcast con estrema puntualità anche dal fronte ucraino nei momenti più difficili, ci siamo preoccupati e, insieme al suo compagno, il giornalista del Post Daniele Raineri, abbiamo allertato l’Unita di Crisi del Ministero degli Esteri. Abbiamo chiamato i suoi contatti iraniani, ma nessuno sapeva dove fosse finita. La mattina di venerdì non si è imbarcata sul volo di ritorno e la situazione si è fatta ancora più angosciante“.
Poche ore più tardi il suo telefono si è riacceso: Cecilia ha chiamato sua madre e le ha detto che era stata arrestata, portata in carcere e che aveva avuto il permesso di fare una breve telefonata. Non ha potuto dire altro. Durante le telefonate, ha detto di stare bene e di non essere ferita, ma è possibile che abbia dovuto leggere un testo scritto, perché ha usato alcune espressioni che non suonano naturali in italiano, ma sembrano più una traduzione dall’inglese.
“L’Iran, come forse saprete, è uno dei posti peggiori al mondo dove essere giornalisti. – ha scritto il direttore del Foglio Claudio Cerasa – A metà dicembre, subito dopo l’arresto di un cittadino statunitense e iraniano, il giornalista Reza Valizadeh, condannato a dieci anni di prigione con l’accusa di collaborazione con un governo ostile”. Tutti i gruppi parlamentari del Senato sono intervenuti in apertura di seduta d’Aula a Palazzo Madama per manifestare la propria vicinanza ai familiari di Cecilia Sala e per chiedere al governo di tenere le Camere informate sulla vicenda dell’arresto della giornalista in Iran.