L’ombra della vendetta dell’Iran aleggia sull’arresto di Cecilia Sala, la giornalista detenuta nel carcere di Evin dal 19 dicembre.
Fonti della Farnesina non escludono che la ventinovenne possa essere finita in manette per una ritorsione degli ayatollah nei confronti degli Stati Uniti d’America, dopo l’arresto di Mohammed Abedini in Italia.
Solo ieri, sabato 28 dicembre, la notizia della detenzione di Cecilia Sala è stato resa nota dalle autorità italiane. In un primo momento si sperava di trattare la sua scarcerazione velocemente, lontano dall’attenzione mediatica e politica. Ma la situazione si è rivelata più complicata del previsto, dunque i negoziatori della diplomazia hanno deciso, in accordo con la famiglia, di farlo sapere anche all’opinione pubblica.
Il timore è che la detenzione della giornalista in Iran possa essere più lunga del previsto. Cecilia Sala infatti, potrebbe rappresentare il mezzo dell’Iran per trattare la scarcerazione di Mohammed Abedini, imprenditore svizzero-iraniano arrestato dagli agenti antiterrorismo della Digos di Milano nelle prime settimane di dicembre all’aeroporto di Malpensa mentre tornava dalla Turchia. Era destinatario di un ordine di arresto da parte degli Usa. Lo stesso giorno era finito in manette anche Mahdi Mohammes Sadeghi, iraniano-statunitense residente in Massachusetts.
Entrambi sono accusati dal Dipartimento di Giustizia Usa di “cospirazione per esportare componenti elettronici sofisticati dagli Usa all’Iran in violazione delle leggi statunitensi sul controllo delle esportazioni e sulle sanzioni”.
Mohammed Abedini avrebbe violato la legge americana, fornendo componenti elettroniche tramite le sue società, alle Guardie rivoluzionarie iraniane. In particolare il trentottenne titolare della società Illumove Sa, avrebbe fornito materiale per costruire droni impiegati nell’aviazione dei Pasdaran. Alcuni di essi sarebbero stati impiegati nell’attacco del 28 gennaio nel Nord-Est della Giordania, sferrato dalle milizie sciite vicine al regime. Nel raid sono morti tre soldati americani e altri quaranta sono rimasti feriti.
Secondo gli 007, tra il 2021 e il 2022 Abedini avrebbe destinato molte delle sue vendite all’aviazione dei Pasdaran. E non è finita: dopo l’arresto di Sadeghi, si sarebbe adoperato per ottenere informazioni sul suo conto, creandosi una copertura.
Secondo fonti accreditate, Cecilia Strada potrebbe essere arrestata in seguito a una ritorsione del regime iraniano, il cui obiettivo potrebbe essere trattarne il rilascio in cambio di Abedini. Il rilascio potrebbe essere più complicato del previsto, perché l’Italia si trova in mezzo agli Usa e all’Iran. La magistratura dovrà decidere autonomamente sul caso della giornalista e a complicare la situazione ulteriormente c’è il passaggio di consegne alla Casa Bianca.
Per protesta, nei giorni scorsi il Ministero degli Esteri iraniano ha convocato gli ambasciatori di Svizzera e Italia, ma intanto dagli Usa aspettano l’estradizione di Abedini.
Intanto Cecilia Sala si trova reclusa in una cella di isolamento nel carcere di Evin, lo stesso in cui nel 2022 è rimasta incarcerata per 45 giorni la travel blogger Alessia Piperno. In questa prigione, nota per gli abusi sui detenuti, specialmente donne, si trovano i dissidenti della Repubblica islamica e i cittadini stranieri.
Cecilia Sala si trovava in Iran per registrate tre puntate del suo podcast quotidiano Stories per Chora Media. Aveva chiesto e ottenuto il visto giornalistico dall’ambasciata iraniana in Italia ed è partita il 12 dicembre con un volo da Roma.
Per il suo lavoro doveva incontrare donne dissidenti che si oppongono al regime degli ayatollah e il suo ritorno era previsto per il 20 dicembre. Invece è stata prelevata dalle guardie iraniane mentre si trovava nella sua camera d’albergo il giorno prima di partire. Nei suoi confronti non sono ancora stati formalizzati capi di accusa, tranne quella generica di aver assunto comportamenti illegali.
Il 19 dicembre la redazione di Chora Media e il compagno Daniele Raineri hanno allertato l’Unità di crisi del Ministero degli Esteri, perché non rispondeva ai messaggi e non si era fatta sentire. Nel pomeriggio del 20 Cecilia Sala ha telefonato a casa per la prima volta: “Mamma, sono in carcere, sto bene. Fate presto”, ha detto.
Dal 20 dicembre la giornalista ha ottenuto un altro permesso per telefonare in Italia al compagno, durante la quale ha detto: “Sto bene, ma fate in fretta”. Il primo volto non ostile incontrato in carcere è stato quello dell’ambasciatrice italiana in Iran Paola Amadei.
“Ci ha parlato per più di mezz’ora”, ha spiegato il ministro degli Esteri Antonio Tajani, aggiungendo che Cecilia Sala è in buona salute e che il governo è impegnato “con grande discrezione” per riportarla a casa. “Mi sembra che non abbia scritto cose particolarmente gravi nei suoi articoli”, ha aggiunto il capo della Farnesina, “ha anche intervistato i vertici dei Pasdaran”.