È avvolta dal mistero la vicenda della bambina di 3 anni che nel giorno di Capodanno è rimasta ferita da un proiettile partito accidentalmente da una pistola.
La piccola era in casa. Sul caso ci sono i pm della Procura della Repubblica di Brescia che hanno iscritto nel registro degli indagati, dopo il padre, anche la madre. La tragedia è avvenuta in un villino in via Matteotti nel Comune di Gardone Val Trompia.
La bambina è ancora ricoverata in coma in ospedale in gravissime condizioni. Il proiettile infatti, dopo averla colpita su una guancia, ha trapassato la scatola cranica. Provocandole importanti danni celebrali. Sotto la lente d’ingrandimento degli investigatori i racconti dei genitori su dove la rivoltella era posizionata e lasciata incustodita. Le ipotesi di accusa per i genitori sono lesioni colpose e omessa custodia dell’arma.
L’obiettivo è effettuare alcuni accertamenti tecnici
Secondo gli inquirenti però, l’iscrizione nel registro degli indagati sarebbe un atto dovuto. L’obiettivo è effettuare alcuni accertamenti tecnici. Subito dopo il fatto, su entrambi i genitori era stata effettuata la prova dello stub. Gli inquirenti volevano escludere che fosse stato uno di loro a premere il grilletto. Non è ancora stata scartata l’ipotesi, però, che a sparare possa essere stata la sorella di 5 anni della piccola che si trovava in casa.
Ci sarebbero divergenze nel racconto dei coniugi in merito. Soprattutto su chi abbia deciso di tenere la pistola, legalmente detenuta così come i proiettili, in camera da letto. Quindi era facilmente accessibile alle due figlie di 3 e 5 anni. Il padre aveva raccontato agli inquirenti di tenere l’arma per il timore dei ladri. Nel frattempo, le condizioni della bambina restano gravissime e i medici dell’ospedale di Bergamo, dove è stata sottoposta ad un intervento chirurgico alla testa, non hanno ancora sciolto la prognosi.
La Beretta semiautomatica calibro 9×21 era stata appoggiata su un comodino
Da una prima versione fornita dall’uomo e dalla donna ai carabinieri, la Beretta semiautomatica calibro 9×21 era stata appoggiata su un comodino la sera prima. Era pronta a essere utilizzata con il colpo in canna, perché nella zona dove risiede la famiglia erano stati segnalati diversi furti in abitazione e il capofamiglia temeva per la loro incolumità. Le versioni fornite da madre e padre, ascoltati separatamente dagli investigatori, inizialmente sono apparse concordanti ma alcuni elementi non hanno convinto chi indaga.
Sono stati disposti rilievi e perizie anche sull’arma nel tentativo di recuperare tracce, impronte digitali e profili genetici sulle varie parti dell’arma, che stando al racconto dei due indagati era stata appoggiata su un comodino in camera da letto. Al vaglio dei carabinieri anche la telefonata al 112 partita dal villino, teatro della tragedia, per verificare quanto tempo sarebbe trascorso tra lo sparo e la chiamata.