“I centri in Albania sono pronti per essere operativi, noi abbiamo un dispositivo pronto a partire in qualsiasi momento”.
Così nelle scorse ore la premier Giorgia Meloni, per quello che tornerà a essere tra pochi giorni uno dei temi caldi di inizio anno. Ovvero, i migranti ed i centri italiani in Albania, al centro di un tesissimo intreccio tra governo, magistratura, Europa e ong.
Le strutture di Shenjin e Gyader e la definizione di Paesi sicuri di provenienza verranno affrontate anche dalla Corte di giustizia dell’Unione europea che si esprimerà a febbraio. Nel frattempo la Cassazione sembrerebbe aver propeso per la tesi del governo: la definizione di Paese sicuro spetta all’esecutivo.
“A me pare che le sentenze della Cassazione diano ragione al governo. – ha spiegato Meloni, che nei prossimi giorni incontrerà il premier albanese Edi Rama – Dice che spetta al governo stabilire quali siano i Paesi sicuri. E che conseguentemente il giudice non possa sistematicamente disapplicare il trattenimento dei migranti che arrivano, ma può invece motivare il caso specifico per cui quella persona non è sicura in quel Paese. Una cosa completamente diversa da quella che hanno fatto i magistrati del Tribunale di Roma”.
La premier ha anche sottolineato che “fortunatamente lo scorso anno gli sbarchi sono diminuiti del 60% e negli ultimi giorni si sono quasi azzerati. Però i centri sono pronti ad essere attivati”. Proprio sui numeri e sui bilanci dello scorso anno riguardanti gli sbarchi sono diversi gli attori che hanno tracciato il quadro. L’Unicef ha affermato che nel 2024 oltre 2200 persone sono morte o disperse nel mar Mediterraneo centrale, tra cui centinaia di bambine, bambini e adolescenti.
Nello specifico è intervenuta, in esclusiva per Notizie.com, Petra Krischok, addetta stampa e pubbliche relazioni della ong Sos Humanity. “Dall’agosto 2022 – ha detto Krischok – abbiamo soccorso 3.778 persone in pericolo, il 30% delle quali erano minori. La maggior parte di loro erano adolescenti non accompagnati che hanno affrontato avversità inimmaginabili fuggendo dal loro Paese d’origine. Vivendo l’inferno in Libia e temendo di morire attraversando il mare su imbarcazioni inadeguate e sovraffollate. È una vergogna e uno scandalo che l’Ue e i suoi Stati membri lascino annegare questi bambini”.
La Croce rossa italiana (Cri) si è invece concentrata sulle statistiche di Lampedusa. Dal 1 giugno del 2023 ad oggi, il centro dell’isola siciliana di Contrada Imbriacola ha accolto complessivamente 126mila persone migranti, a fronte di 3.010 eventi di sbarco. Solo nel 2024 è stata fornita assistenza a 45.997 persone migranti, a fronte di 1.095 eventi di sbarco. Si tratta per la maggior parte di uomini adulti (74,3%), seguiti da minori (19,4%) e donne (6,3%). Tra i Paesi di provenienza, i valori maggiori vengono registrati per Bangladesh (21%), Siria (20%), Tunisia (11%), Guinea (8%) ed Egitto (7%), che insieme rappresentano il 68% del totale.
“C’è preoccupazione per l’odio e le difficoltà che muovono quotidianamente migliaia di persone ad abbandonare la propria terra di origine. – ha concluso Rosario Valastro, presidente della Cri – Per molti di loro, purtroppo, il mare si rivela non un sereno compagno di viaggio ma un avversario severo: troppe le vite spezzate tra le acque, troppi gli addii consumati tra onde capaci di dividere madri, padri, figli, amici. Occhi pieni di gioia si alternano a sguardi impauriti, mani tremolanti e corpi indifesi che vengono stretti dall’abbraccio del nostro volontariato”.