Poche ore dopo la comunicazione del Ministro della Giustizia Carlo Nordio, Mohammad Abedini è salito su un aereo, atterrando a Teheran, capitale dell’Iran, già nel pomeriggio di ieri.
Tutto è cominciato nella mattinata di ieri. Ovvero quando è stata trasmessa alla Corte d’Appello di Milano la richiesta di revoca della misura cautelare in Italia di Mohammad Abedini Najafabadi. Si tratta dell’ingegnere iraniano 38enne arrestato lo scorso 16 dicembre a Malpensa su mandato degli Stati Uniti.
La richiesta è stata subito accolta dal V collegio, che si è riunito d’urgenza. Attorno alle 11, l’ingegnere è uscito dal carcere di Opera e si è imbarcato su un volo speciale per Teheran. Il suo caso è stato legato a quello della giornalista italiana Cecilia Sala, arrestata a Teheran il 19 dicembre. La reporter è stata liberata pochi giorni fa dopo essere stata detenuta per 21 giorni nel carcere di Evin. Ufficialmente non si è trattato di uno scambio. “Il governo ha fatto la scelta giusta a fare lo scambio. – ha detto il leader di Azione Carlo Calenda – Quello che eviterei è dire che non c’è stato perché prende tutti per idioti”.
Le reazioni delle autorità iraniane sono state affidate all’agenzia di stampa Irna. “L’arresto di Abedini era dovuto ad un malinteso. Con il seguito del ministero degli Affari esteri della Repubblica islamica e i negoziati tra le unita’ competenti del ministero dell’Informazione della Repubblica islamica dell’Iran e i servizi segreti italiani, il problema è stato risolto ed è stato rilasciato”.
“La decisone ci ha felicemente sorpresi – ha detto il legale di Abedini – Da giurista e da avvocato, sono molto contento delle motivazioni addotte a sostegno poiché si sposa con quanto sostenuto sin dall’inizio in merito all’assenza dei presupposti per l’estradizione ma soprattutto per l’attenzione data al valore fondamentale della libertà personale alla luce dei principi costituzionali”.
Gli Usa avevano chiesto la sua estradizione accusandolo di aver fornito componenti per i droni di uso militare al corpo delle guardie della rivoluzione islamica, considerata un’associazione terroristica, e di aver violato le norme sull’embargo. Accuse che lui ha sempre respinto e che lo hanno portato a chiedere gli arresti domiciliari e che, come precisato dal Ministero della Giustizia ieri, non ci sarebbero riscontri.
Abedini, l’uomo dei droni
Abedini, ingegnere con permesso di soggiorno in Svizzera, è soprannominato l’uomo dei droni. Nel 2011, dopo la laurea, ha fondato con due soci l’azienda San’at Danesh Rahpooyan Aflak, la Sdra. A Losanna come ricercatore, nel 2015 ha proseguito la sua attività commerciando in componenti per sistemi di navigazione, utilizzabili su droni militari, ordinandoli in America. Nel 2018 ha fondato una nuova società, svizzera, la SadraLab. Con questa azienda, per l’accusa, avrebbe fornito, insieme ad un complice naturalizzato in Usa e ora in un carcere statunitense, supporti tecnologici per i pasdaran.
Al momento dell’arresto gli sono stati sequestrati, pc, smartphone, chiavette usb e schede tecniche. Al momento sono custoditi in una cassaforte della Procura della Repubblica di Milano. I pm hanno aperto un’indagine conoscitiva. Il materiale interessa molto gli Usa e non è escluso possa essere consegnato via rogatoria.