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Politica

Separazione delle carriere in magistratura: cosa prevede il disegno di legge del governo, punto per punto

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Enrico Nocera

Creare due carriere distinte: un magistrato dovrà decidere se percorrere quella da Pm o da giudice. È l’obiettivo principale del disegno di legge presentato dal governo e accolto da un primo “sì” alla Camera il 16 gennaio.

Separazione delle carriere in magistratura: cosa prevede il disegno di legge del governo, punto per punto (ANSA FOTO) – notizie.com

Di “separazione delle carriere”, in Italia, si parla da tempo. Silvio Berlusconi, durante i suoi quattro incarichi da presidente del Consiglio, ne fece una battaglia campale. Non a caso l’attuale ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha parlato di “sogno di Berlusconi” dopo la prima approvazione alla Camera del disegno di legge presentato dal governo lo scorso 13 giugno. Ebbene, cosa prevede, nello specifico, la riforma che tende a modificare il Titolo IV della Costituzione?

Partiamo da una specifica non trascurabile: per essere approvato, il disegno di legge dovrà ricevere altri tre “sì”: un altro alla Camera e due al Senato. I progetti di riforma costituzionale, infatti, devono ottenere due “via libera” per ogni Aula del Parlamento. Senza considerare il fatto che il disegno di legge potrà, in caso di conclusione non del tutto positiva del suo iter, essere sottoposto a referendum popolare. Ci torneremo più avanti.

Cosa significa separare le carriere? Il ruolo del giudice e quello del Pm

Perché, dunque, si parla di “separazione delle carriere”? Allo stato attuale, in Italia, i magistrati si dividono in due ruoli: quello giudicante (che svolge, appunto, la funzione di giudice durante un procedimento giudiziario) e quello requirente, che svolge la funzione dell’accusa. Parliamo, in questo secondo caso, del Pubblico Ministero. Ebbene: secondo l’ordinamento giudiziario vigente, tutti i magistrati seguono lo stesso percorso formativo. Nel corso della loro carriera possono per cui decidere di cambiare “lato della barricata”: da giudice a Pm e viceversa, fino a quattro volte in tutto.

Cosa significa separare le carriere? Il ruolo del giudice e quello del Pm (ANSA FOTO) – notizie.com

La riforma costituzionale, mirando a cambiare il Titolo IV della Costituzione, è volta principalmente a modificare l’articolo 102. Quello, per l’appunto, che disciplina le carriere dei magistrati. La proposta è quella di separare le carriere di magistrato giudicante e magistrato inquirente fin dall’inizio. Detto più chiaramente: ogni magistrato dovrà decidere fin dall’inizio della sua carriera il percorso che vorrà intraprendere. Chi opterà per la carriera da giudice non potrà più decidere, durante la sua vita professionale, di assumere il ruolo di pubblico ministero. Ovviamente vale anche il contrario: il Pm non potrà, nel caso di approvazione della riforma, in nessun modo ambire al ruolo di giudice.

Ecco perché si parla di “separazione delle carriere”: il disegno di legge prevede due percorsi differenti fin dalla prima tappa. Ed è su questo punto che, per inciso, si consuma la maggior parte della polemica tra il governo e l’Associazione Nazionale Magistrati. Secondo l’Esecutivo, un magistrato che ha svolto il ruolo di Pm – quindi in fase accusatoria – rischia di non essere imparziale qualora passasse alla funzione giudicante. Secondo l’Anm, invece, la separazione delle carriere andrebbe a minare l’indipendenza del potere giudiziario, esponendo i magistrati a una maggior influenza della politica.

Il Consiglio Superiore della magistratura si sdoppia: requirente e giudicante

La modifica dell’articolo 102 della Costituzione porta con sé, di conseguenza, la riscrittura totale degli articoli 104 e 105. Nella sua attuale formulazione, l’articolo precisa che “la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”. Nella nuova versione si specifica che la magistratura, fermo restando il suo ruolo di ordine autonomo e indipendente, è composta da magistrati dalla carriera giudicante e dalla carriera requirente. Ecco perché, sempre nel testo, si specifica che il Csm (Consiglio Superiore della Magistratura) sarà destinato a sdoppiarsi. Non più un solo Consiglio, come adesso, cui fanno riferimento sia giudici che Pm; ma due organi differenti: Consiglio Superiore della Magistratura Requirente e Consiglio Superiore della Magistratura Giudicante. Gli effetti sono ben più che formali: a cambiare sarebbe la composizione stessa del Csm.

Il Consiglio Superiore della magistratura si sdoppia: requirente e giudicante (ANSA FOTO) – notizie.com

In sintesi: il Csm è attualmente composto da 33 membri: il presidente della Repubblica, il primo presidente e il procuratore generale della Corte di Cassazione. Gli altri 30, invece, sono eletti per due terzi da tutti i magistrati italiani (che eleggono, per l’appunto, i loro colleghi magistrati, i cosiddetti “membri togati”) e, per un terzo, dal Parlamento in seduta comune, che elegge i cosiddetti “membri laici”, composti da professori in materie giuridiche e avvocati con oltre quindici anni di carriera alle spalle. La riforma non va a toccare i primi tre componenti, che resterebbero tali in entrambi i Consigli, sia quello requirente che quello giudicante.

Come verranno eletti i componenti del Csm? Il ruolo del sorteggio e il “potere delle correnti”

Gli altri componenti, invece, saranno scelti tramite sorteggio. A votare non saranno più tutti i magistrati italiani, bensì una loro parte tramite sorteggio, sia per quanto concerne il consiglio giudicante che per quanto riguarda quello requirente. I cosiddetti membri “laici”, vale a dire quelli che eleggono un terzo dell’attuale Csm, verranno estratti (sempre a sorte) da un elenco di professori e avvocati, sempre con più di quindici anni di carriera e sempre dal Parlamento in seduta comune. Ma qual è la ragione per la quale il governo vorrebbe abolire questo “suffragio universale” tra magistrati sostituendolo con un sorteggio?

Nelle intenzioni dell’Esecutivo, il sorteggio dovrebbe ridurre il potere delle “correnti” dentro l’Anm. Associazione che, al suo interno, è appunto divisa in correnti che si riferiscono a diverse parti politiche. Per fare due esempi: Magistratura Democratica, che si identifica in genere con un pensiero di Sinistra; Magistratura Indipendente, che al contrario si riferisce a una cultura di Destra. Sul punto, il ministro Nordio è stato molto tranchant, affermando che la magistratura “è indipendente dal potere esecutivo ma non è affatto indipendente da se stessa”. Sottolineando di voler “spezzare il legame patologico” che farebbe dipendere i magistrati dal potere della propria corrente di appartenenza. Siamo quindi di fronte a uno dei punti più caldi dello scontro in atto tra politica e magistratura.

Procedimenti disciplinari a carico di giudici e Pm: l’istituzione dell’Alta Corte

Proprio in riferimento al “potere” dei magistrati, un altro punto fondamentale della riforma è quello legato all’istituzione dell’Alta Corte Disciplinare. Attualmente, infatti, il Consiglio Superiore della Magistratura è l’unico organo che ha il potere di intervenire su eventuali responsabilità dei magistrati. Un controllo che potremmo definire “interno” e che, riferendoci ancora una volta ai tempi dei governi Berlusconi, è sempre stato al centro di progetti di riforma politica. Il disegno di legge, su questo, è molto netto: i due nuovi Csm non avranno più il compito di avviare procedimenti disciplinari verso i giudici o i Pm.

Procedimenti disciplinari a carico di giudici e Pm: l’istituzione dell’Alta Corte (ANSA FOTO) – notizie.com

Questo potere spetterà a un nuovo organo denominato Alta Corte Disciplinare. Nel Ddl, si specifica che sarà composta da 15 membri: tre nominati dal presidente della Repubblica tra professori in materie giuridiche e avvocati con almeno venti anni di esperienza; altri tre estratti a sorte, sempre tra docenti e avvocati; sei sorteggiati tra i giudici e altri tre estratti a sorte tra i pubblici ministeri. Il presidente dell’Alta Corte, secondo il ddl, viene eletto fra i giudici nominati dal Presidente della Repubblica o tra coloro che saranno stati estratti a sorte dall’elenco stilato da Camera e Senato.

Questi i principali punti della riforma. La quale, come sottolineato, dopo il primo “sì” alla Camera ha davanti un percorso ancora lungo. Il ministro Nordio si dice fiducioso di giungere alla fine dell’iter entro l’estate, ma è qui che si inserisce la questione referendum che richiamavamo all’inizio. In fase di seconda approvazione, sia alla Camera che al Senato, la riforma dovrà infatti ottenere la maggioranza dei due terzi dei parlamentari. In caso contrario, dovrà essere sottoposta – appunto – a referendum popolare.

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Enrico Nocera