C’è un caso che rischia di scuotere alle fondamenta i rapporti tra Italia e Libia, e probabilmente lo sta già facendo. Parliamo della vicenda che ruota attorno a Njeem Osama Elmasry, anche noto come Almasri.
Almasri è il comandante della polizia giudiziaria libica. Su di lui pendono accuse gravissime concernenti perlopiù crimini di guerra mosse dalla Corte penale internazionale (Cpi) de L’Aia. Per capirci, è lo stesso Tribunale che in tempi recenti ha spiccato mandati di arresto nei confronti del presidente russo Vladimir Putin ed il premier israeliano Benjamin Netanyahu.
L’Interpol ha segnalato alle autorità italiane la presenza di Almasri in Italia. La Digos lo ha dunque arrestato a Torino, e si trovava in carcere fino a poche ore fa. L’arresto, infatti, non è stato convalidato per un errore procedurale. L’uomo è stato già in serata rimpatriato su un aereo diretto a Tripoli, capitale della Libia.
C’è chi aveva esultato per il suo arresto, come la ong Meditterannea saving humans (Msh) ed Amnesty International Italia. C’è chi aveva protestato, come alcune autorità libiche, che sui media locali hanno parlato di “detenzione arbitraria” e di “incidente oltraggioso”. E c’è chi non ha ancora commentato, al momento, l’arresto del comandante, come il governo italiano e quello libico.
Mentre Almasri finiva in manette, dall’altra sponda del mar Mediterraneo era in corso la III edizione del Libya Energy & Economic Summit. L’Italia ha avuto un ruolo da protagonista, come specificato da alcune note stampa, con un padiglione che ha ospitato 7 aziende del settore petrolifero. Una partecipazione sostenuta dall’ambasciata d’Italia in Libia, dall’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane (Ice) e dalla Camera di commercio italo-libica.
La notizia dell’arresto del comandante libico avrebbe potuto quindi incrinare più di un rapporto. Considerando anche la collaborazione attualmente in atto tra Italia e Libia per la gestione dei migranti, tante volte aspramente criticata dalle ong del Mediterraneo. Almasri è una figura già nota alle cronache dell’area. Il giornalista di Avvenire Nello Scavo, che ha battuto per primo la notizia dell’arresto, ha scritto di lui anche nel sui libro intitolato Libyagate.
“L’arresto – ha commentato Mediterranea saving humans – è avvenuto dopo anni di denunce e testimonianze delle vittime, fatte pervenire alla Corte penale internazionale, che ha condotto una difficile indagine”. Njeem Osama Elmasry pare si trovasse a Torino in un albergo, insieme a 3 connazionali già espulsi e rimpatriati, per assistere al match della serie A di calcio Juventus – Milan del 18 gennaio. Sarebbe entrato nell’Unione europea tramite la Germania.
Sarebbe accusato di violenze nella prigione di Mitiga, in Libia. Parliamo di una città che è stata sia il luogo di scontri furibondi per il controllo dell’aeroporto sia il sito in cui si trova un centro di detenzione che Osama al Najim ha diretto. Nel 2023, infatti, l’aeroporto internazionale di Mitiga è stato al centro di uno scontro tra le forze speciali di deterrenza Rada e la Brigata 444.
Tra i reati sui quali ha indagato la Cpi anche i crimini di guerra e le torture fisiche e psicologiche, nonché morti sospette mai spiegate ufficialmente. Pare che Almasri insieme ad altri fosse solito utilizzare i detenuti di Mitiga come schiavi per eseguire diversi lavori. La stessa prigione di Mitiga è conosciuta per essere diventata negli anni un centro di torture. “Siamo solo all’inizio. – hanno fatto sapere da Msh – Chi ha pagato per anni Almasri per torturare, detenere, uccidere donne, uomini e bambini?”.
Il giornalista Scavo, nel suo libro-inchiesta, ha parlato del comandante come una tra le “figure in grado di ricattare l’Italia e l’Europa a colpi di barconi. Chiedono legittimazione, fondi e mano libera nei campi di prigionia governativi”. Digos e Procura avevano mantenuto il più stretto riserbo sui dettagli dell’arresto. “Chiediamo una maggiore disponibilità da parte delle autorità al fine di tutelare i diritti del cittadino libico”, avevano fatto sapere i legali della International Lawyers Associates, difensori di Njeem Osama Elmasry.
La Cpi aveva ufficialmente richiesto la sua estradizione, mentre in Libia si discuteva se dovesse essere riconsegnato alle autorità nazionali. Del resto, Najem figura in una lista riservata di persone ricercate per crimini contro l’umanità, stilata dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite. Almasri sarebbe potuto essere trasferito in Olanda per rispondere alle accuse. Così non è stato.
Da Torino il caso è pasato in queste ore alla Corte d’appello di Roma. La procedura da seguire doveva essere regolata dallo Statuto di Roma, il trattato che nel 1998 ha istituito la Corte penale internazionale de L’Aia. Cosa succederà ora? “Potrebbe accadere – ha spiegato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia – che nel corso di qualche deposizione salti fuori che l’Italia potrebbe aver favorito, attraverso la cooperazione con la Libia, gli addebiti penali mossi nei confronti di queste persone“.
Nel frattempo, però, la Corte d’appello di Roma, competente in questi casi, ha disposto la liberazione del comandante, che era detenuto al carcere delle Vallette. Non è consentito, secondo i giudici, l’arresto di iniziativa della polizia giudiziaria senza l’interlocuzione preventiva tra il Ministro della Giustizia e la Corte d’appello della Capitale. Carlo Nordio è stato interessato ieri, dopo aver ricevuto gli atti dalla Questura di Torino. La Corte d’appello ha dichiarato “l’irritualità dell’arresto” ed ordinato “l’immediata scarcerazione“.