Molte sono le novità del ddl Sicurezza. In particolare: per quanto concerne le modifiche al Codice penale, introducendo nuovi reati e pene più severe per quelli esistenti
Fra le novità più importanti, e – per inciso – quelle più contestate, vi sono quelle che riguardano le manifestazioni e gli scioperi. In sintesi: il testo prevede pesanti sanzioni penali per chi blocca strade o ferrovie, anche in modo pacifico.
Parliamo della cosiddetta “norma anti-Gandhi”, che prevede fino a 2 anni di carcere per chi manifesta bloccando – per l’appunto – strade o binari del treno. In quest’ultimo caso, il ddl introduce anche un’aggravante specifica per i reati commesso all’interno di stazioni, nelle metro o a bordo di treni. Si tratta, secondo le opposizioni, di una norma “liberticida”. Volta a reprimere il dissenso e a dare un più ampio margine di discrezionalità alle forze dell’ordine.
Proprio quest’ultimo punto è alla base del confronto politico. In particolare dopo le manifestazioni che, negli ultimi giorni si sono moltiplicate in tutta Italia dopo il “caso Ramy”. Inoltre, le cinque segnalazioni arrivate dal Quirinale riguardo il ddl in questione avrebbero portato la premier Meloni ad aprire verso alcune modifiche parlamentari in terza lettura alla Camera. Eventualità che ha aperto, in seno alla maggioranza, dei “dissapori” fra Fratelli d’Italia e Lega. Con quest’ultimo partito che annuncia: “Prima va approvato il Ddl sicurezza, poi si fanno altri passi.” Ma di cosa parliamo quando nominiamo lo scudo penale?
Fonti governative precisano che non tratterebbe, in realtà, di un vero scudo penale. Ossia, secondo formulazione tecnica: di norma che protegge individui da eventuali responsabilità penali in casi particolari. Si tratterebbe, quindi, di un meccanismo che eviterebbe alle forze dell’ordine l’iscrizione automatica al registro degli indagati quando è evidente che l’appartenente alle forze dell’ordine ha usato l’arma di ordinanza nell’esercizio delle sue funzioni.
Il caso in esame è quello del carabiniere Luciano Masini. Il quale, durante la notte dell’ultimo dell’anno, è intervenuto uccidendo un uomo che aveva accoltellato quattro persone. “Non si è mai parlato di scudo penale– ha riferito il ministro della Giustizia, Carlo Nordio – stiamo studiando un provvedimento che possa coniugare le garanzie di una persona col fatto che non venga iscritto in nessun registro degli indagati.”
La bozza messa nero su bianco al Ministero della Giustizia prevede, quindi, una corsia particolare a disposizione del Pm: la possibilità di chiudere nel giro di sette giorni, e senza indagati, alcuni casi specifici come quelli richiamati poco fa. Quei casi, in definitiva, dove una notizia di reato presenti delle “prove” talmente evidenti da escludere in modo palese la possibilità di aver commesso un reato.
Si tratta di “tutele per tutti“, ha chiarito il ministro Nordio. Alludendo alla possibilità che questa norma venga allargata a tutti i cittadini (come, ad esempio, nei casi di legittima difesa). L’ipotesi è stata richiamata anche dal sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro: “Non ci sarà l’obbligo per il pm dell’iscrizione nel registro degli indagati”, con riferimento “a chi fa il proprio dovere come ha fatto quel carabiniere”. Riferendosi, appunto, a Luciano Masini. Indagato per aver ucciso l’attentatore di Villa Verucchio e insignito di un “encomio solenne” dal ministro Crosetto.
Accanto a queste ipotesi, vi è una proposta di legge – presentata alla Camera dal capogruppo della Lega Riccardo Molinari – che prevede l’accesso al gratuito patrocinio per le forze dell’ordine. Ossia: ottenere la difesa di un legale a spese dello Stato per chi sarà oggetto di indagini e procedimenti relativi agli atti compiuti in esecuzione del proprio lavoro.
“Preoccupano le intenzioni del governo di inserire nel Ddl sicurezza norme relative al cosiddetto scudo penale– ha detto il presidente delle Camere Penali, Francesco Petrelli – uno Stato di diritto è tale non solo se ha il monopolio esclusivo della forza ma anche se pone dei limiti insuperabili al suo utilizzo”. Dal canto suo, il sindacato di polizia Coisp risponde: “Non ci riteniamo al di sopra della Costituzione e delle leggi. La proposta è quella di inserire una tutela penale che consenta di evitare l’iscrizione automatica nel registro degli indagati.” In pratica: il cosiddetto “atto dovuto”.