Il ritorno al Nord di Gaza dei palestinesi, il mondo arabo si indigna nei confronti di Donald Trump: cosa sta succedendo in queste ore?
“Questa tregua è molto fragile. Ogni giorno c’è un intoppo”. A parlare è Matteo Giusti, della rivista Limes ed esperto del Medioriente, contattato da Notizie.com. “La situazione a Gaza è sicuramente migliorata, ma è peggiorata in Cisgiordania”.
Qui “sono cominciati una serie di scontri sempre più duri e l’esercito israeliano è fortemente schierato in Cisgiordania perché difende i coloni”. Il Nord di Gaza e corridoi importanti come Philadelphia e Nazarin restano sotto il controllo dell’esercito israeliano, mentre migliaia di palestinesi vorrebbero tornare a casa ma non possono.
La situazione non è migliore in Libano: “Qui l’esercito israeliano non si è ritirato, non rispettando i sessanta giorni che scadevano oggi. Lo scacchiere è complicato”, spiega Giusti. E mentre Hamas e Netanyahu festeggiano per lo scambio di ostaggi, “50 condannati palestinesi, inclusi ergastolani”, sono stati liberati. “Non possono tornare nella Striscia o in Cisgiordania. Dovranno andare in Turchia o in Qatar, ma niente gli vieta, in futuro, di tornare”.
La proposta di Donald Trump che indigna il mondo arabo
Intanto il presidente Usa Donald Trump di trasferire i palestinesi in Egitto e in Giordania rischia di complicare ulteriormente la situazione.
“Lo spauracchio dell’amministrazione Trump ha fatto capire che era il caso, per tutti, Netanyahu incluso, un cessate il fuoco”. Ma la sua proposta, secondo Giusti è una “provocazione. E ci sono tre ragioni contro di essa”.
La prima è morale: “Si tratterebbe della deportazione di due milioni di persone”. La seconda è geopolitica: “Sposterebbe gli equilibri in tutta la regione. Rischierebbe di far saltare il governo giordano democratico che ha rapporti con l’Occidente. Lì il 65% della popolazione ha origini palestinesi. L’arrivo di altri potrebbe destabilizzare totalmente il governo. È già accaduto nel 1970, scatenando il settembre nero con migliaia di palestinesi massacrati”.
La situazione non sarebbe migliore neppure in Egitto, che “ha un’economia in grande difficoltà con equilibri fragili. I palestinesi li farebbero saltare in aria e vivrebbero nei campi profughi solo grazie alla comunità internazionale”.
🚨 #Gaza, la marcia dei palestinesi sfollati verso nord: le immagini dal drone pic.twitter.com/dBuqtEPFQU
— Notizie.com (@com_notizie) January 27, 2025
Giusti allontana anche l’ipotesi che queste persone possano andare nelle loro case al Nord di Gaza: “Ci vorrà tempo. Per ora dovranno restare nella zona centrale”. I problemi da affrontare sono tanti: chi amministrerà la Striscia di Gaza? L’ipotesi Hamas sembra ormai esclusa. L’Autorità nazionale palestinese di Abu Mazen? I palestinesi sono i primi a non fidarsi.
“L’Onu non credo che voglia prendersi un carico simile. Servono 50-60 miliardi e 12 anni per la ricostruzione: lì non c’è più niente. La situazione è precaria, ma tregua di una fragilità estrema”.
Il futuro a Gaza? “Non è due popoli e due Stati”
Ma che fine faranno allora tutte queste persone? “Non sarà due popoli, due Stati. Per rispettare i confini del 1967, bisognerebbe fare la guerra ai coloni. Chi la fa? L’esercito israeliano spara ai coloni per riprendergli la terra che il governo ha mandato a prendere? Non accadrà mai. Il 15-20% di Cisgiordania che gli israeliani hanno occupati, non verrà lasciata. Quelle mappe quindi, non sono applicabili – spiega Matteo Giusti a Notizie.com. I due pezzi di terra palestinesi sono difficilmente collegabili e non autosufficienti”.
Gaza è rasa al suolo, il Pil è sotto zero e ha bisogno di essere mantenuta: “Il futuro dei palestinesi è altri dieci anni in campi profughi sopravvivendo per donazioni. Non c’è altro per loro. Anche perché lì intorno non li vuole nessuno”.