Per 193mila dipendenti statali in arrivo enormi novità, a partire da un interessante aumento mensile: andiamo a scoprirle assieme.
La firma definitiva al contratto nazionale delle Funzioni centrali del pubblico impiego ha segnato un momento storico per i 193mila dipendenti di ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici non economici. Questo accordo, atteso da tempo, porta con sé una serie di cambiamenti significativi che influenzeranno la vita lavorativa di moltissimi italiani.
A partire da febbraio, le buste paga dei lavoratori coinvolti vedranno un incremento medio di 165 euro lordi mensili. Un aumento non trascurabile che si accompagna a una tantum arretrati per circa mille euro. Ma oltre agli aspetti puramente economici, il nuovo contratto introduce anche importanti novità ordinamentali.
Dipendenti statali, non solo l’aumento: altri grandi novità in arrivo
Tra le più rilevanti c’è sicuramente l’estensione del lavoro agile. Dopo l’esperienza della pandemia e le successive regolamentazioni restrittive del Governo Draghi sullo smart working, il nuovo accordo cerca di trovare un equilibrio più flessibile. Le amministrazioni sono ora chiamate a facilitare il lavoro da remoto per i dipendenti in condizioni particolari – come quelli con esigenze di salute o che assistono familiari disabili – ma anche a valutare casi individualmente per garantire maggior giorni in smart working rispetto alla norma.
Un’altra innovazione riguarda l’age management: il contratto chiede alle amministrazioni pubbliche di valorizzare l’esperienza dei dipendenti più anziani attraverso formazione e tutoraggio e allo stesso tempo offrire maggiore flessibilità organizzativa per venire incontro alle loro esigenze.
Sul fronte delle carriere, viene prorogata fino al 30 giugno 2026 la possibilità di progressioni economiche basate sull’esperienza piuttosto che sui titoli accademici. Una decisione che apre nuove prospettive professionali a moltissimi lavoratori.
Forse una delle novità più discusse è stata l’introduzione della “settimana corta“. Questa opzione permette ai dipendenti degli enti aderenti al contratto di concentrare le loro 36 ore settimanali in quattro giorni invece che cinque. Sebbene questa modalità sia esclusa per i settori con rapporto diretto col pubblico e sembri destinata principalmente agli entiti medio-piccoli senza complesse strutture organizzative, rappresenta comunque un importante passo verso una maggiore flessibilità lavorativa.
L’accordo finale è stato siglato dopo intense trattative tra diverse parti sindacali. Cisl, Confsal Unsal, Flp e Confintesa hanno dato il loro assenso all’intesa mentre Cgil, Cisl e Usb hanno espresso la loro opposizione. Nonostante ciò, il blocco dei favorevoli ha raggiunto il 54% della rappresentatività necessaria per portare avanti queste significative modifiche.
Queste innovazioni arrivano in un momento cruciale dove la necessità di modernizzare gli ambienti lavorativi statali si fa sempre più pressante. L’aumento salariale insieme alle nuove politiche su lavoro agile e gestione dell’età rappresentano passaggi fondamentali verso un sistema pubblico più efficiente ed inclusivo.