Il pattugliatore della Marina militare Cassiopea è giunto pochi minuti fa al porto di Shengjin, in Albania. È entrato nel porto alle ore 7 e 30 circa.
La nave trasporta i 49 migranti salvati nel fine settimana scorso in acque internazionali a sud di Lampedusa. A bordo ci sono bengalesi, egiziani, ivoriani e gambiani. Le persone saranno sottoposte a procedure accelerate di frontiera.
Il Cassiopea è partito due giorni fa e si è diretto verso le strutture realizzate dall’Italia in Albania di Shengjin e Gjader. In questi minuti i richiedenti asilo stanno venendo identificati. Poi saranno sottoposti ad uno screening medico approfondito. Qualora venissero riscontrate condizioni di vulnerabilità verranno portati in Italia, così come è già avvenuto in qualche caso nei due precedenti trasferimenti.
I migranti saranno trasferiti da Shengjin a Gjader
Attraverso il pre-screening sono stati selezionati 49 uomini adulti in buona salute e non accompagnati. Subito dopo i migranti saranno trasferiti da Shengjin a Gjader. Bisogna ricordare che il trattenimento è stato disposto dalla Questura di Roma. Entro 48 ore, però, dunque entro giovedì, si conoscerà la decisione dei giudici della Corte d’appello chiamati a convalidare o meno il trattenimento. Per due volte, ad ottobre e a novembre, i magistrati del Tribunale ordinario avevano bocciato il trasferimento, disponendo il rientro immediato in Italia.
“I giudici avevano semplicemente applicato una normativa europea. – ha detto la segretaria del Partito democratico Elly Schlein – Il modello Albania si è già rivelato un totale fallimento fatto sulla pelle delle persone più fragili e fatto a spese degli italiani. 800 milioni di euro si potevano spendere per assumere i medici e gli infermieri che mancano negli ospedali”. La polemica circa i costi sostenuti per la realizzazione dei centri, avvenuta sulla base di un accordo tra il governo italiano e quello albanese, continua quindi a tenere banco.
Il tutto mentre a Lampedusa continuano gli sbarchi. Ieri l’Unhcr, l’Agenzia Onu per i rifugiati, ha confermato a Notizie.com che monitorerà in maniera indipendente le operazioni presso i centri in Albania per altri 6 mesi. I giudici nelle due occasioni precedenti avevano ritenuto che i Paesi di origine dei migranti non erano abbastanza sicuri da fargli affrontare la possibilità di essere rimandati indietro dai centri.
L’udienza della Corte europea sul caso è prevista per il 25 febbraio
I casi sono stati deferiti alla Corte di giustizia dell’Unione europea (Cgue), che in precedenza aveva stabilito che i richiedenti asilo non potevano sottoporsi a una procedura accelerata che avrebbe potuto portare al rimpatrio se i loro paesi di origine non fossero stati considerati completamente sicuri. L’udienza della Corte europea sul caso è prevista per il 25 febbraio.
“I confini esistono e li possono attraversare le persone autorizzate a farlo. Su questo bisogna essere molto netti perché se cade questo principio non c’è più lo Stato. – ha affermato il leader di Azione Carlo Calenda – Le rotte di immigrazione illegali vanno quindi chiuse con accordi con i Paesi di origine e di transito. Meloni ne ha fatto uno con la Tunisia e noi ne avevamo fatto uno con la Libia, molto duro e molto discusso. I centri in Albania sono una chiacchiera, verranno chiusi perché costano una cifra assurda”.