“Truffa del maresciallo” agli anziani: in che modo agivano i criminali arrestati dai carabinieri di Genova.
Tutto doveva avvenire velocemnte, per non dare il tempo all’anziana vittima di accorgersi della truffa. Una telefonata da parte di un sedicente maresciallo dei carabinieri o un avvocato, nella quale i delinquenti riferivano che un figlio o nipote dell’anziano aveva provocato un incidente in cui la controparte era rimasta gravemente ferita.
Per aumentare la pressione psicologica, i truffatori riferivano all’anziano che per evitare l’arresto del proprio caro, avrebbe dovuto pagare immediatamente una cauzione per risarcire il ferito.
Così le vittime, per aiutare il figlio o il nipote in difficoltà, venivano convinte a mettere a disposizione denaro o gioielli presenti in casa. Il falso maresciallo o avvocato comunicava al truffato che entro un breve lasso di tempo qualcuno – un carabiniere o un assistente dell’avvocato – sarebbe andato a casa sua per ritirare i soldi oppure gli oggetti preziosi.
Fino all’arrivo del corriere all’abitazione degli anziani, il sedicente avvocato o maresciallo continuava a intrattenere al telefono la vittima, sottolineando la gravità della situazione e il poco tempo a disposizione per risolvere la situazione. In questo modo ovviamente, i truffatori si assicuravano anche che i poveri malcapitati non si accorgessero della truffa, magari telefonando ad amici o parenti che, se informati della situazione, avrebbero informato le forze dell’ordine e impedito il ritiro della refurtiva.
Un gruppo organizzato in tutta Italia
Ad agire in questo modo sarebbe stata una coppia formata da Alberto Macor e Marica Mastroianni, con precedenti anche specifici di polizia. Secondo gli inquirenti, i due erano a capo di un sodalizio composto da altre 29 persone, tutte originarie del Napoletano, che sono finiti in manette oggi, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Tribunale di Genova.
Sono tutti indagati per truffa ad anziani. 21 sono finiti in carcere, 5 agli arresti domiciliari e per 3 è scattato l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. L’operazione ha preso il nome di 2 Ottobre, giorno della Festa dei Nonni, ed è stata eseguita da oltre 150 carabinieri dei comandi provinciali di Genova, Napoli, Torino e Caserta.
Le indagini sono state eseguite dal Reparto Operativo – Nucleo Investigativo dei carabinieri del capoluogo ligure, e coordinate dalla Procura della Repubblica di Genova. Secondo investigatori ed inquirenti, il gruppo era strutturato in diverse batterie operative che operavano in tutta Italia e i componenti si incontravano e si aiutavano a vicenda.
Le truffe pluriaggravate accertate nel corso delle indagini sono 54. Di queste, 45 consumate e 9 tentate. Il gruppo avrebbe operato da aprile 2022 a marzo 2024 e avrebbe guadagnato più di 700mila euro.
Nel corso dell’indagine sono finite in manette 20 persone e 4 sono state denunciate per truffa o tentata truffa aggravata. Sono 13 invece, le truffe sventate dai carabinieri, che sono riusciti a recuperare anche il profitto di alcune truffe per un valore di 90mila euro, tra soldi e oggetti d’oro.
I truffatori alloggiavano in b&b e noleggiavano auto
Secondo le indagini, Macor e Mastroianni, attraverso i sodali, organizzavano nei dettagli la modalità di realizzazione delle truffe, predisponendo le diverse fasi. Dall’installazione in alcune case e in b&b di veri e propri call center da cui partivano le telefonate alle vittime, passando per il reclutamento delle persone che telefonavano e dei trasfertisti, cioè le persone che si recavano a casa delle vittime per ritirare la refurtiva.
Avrebbero anche procurato i mezzi con i quali raggiungere le zone da colpire e individuato i b&b dove i trasfertisti soggiornavano. Trasfertisti che partivano da Napoli il pomeriggio o la sera della domenica per poi restare fuori città di solito fino al sabato.
I carabinieri hanno appurato anche che per spostarsi, oltre a treni e taxi, venivano utilizzate auto a noleggio prese da agenzie compiacenti nel Napoletano. Il collegamento tra i telefonisti che chiamavano da Napoli e i trasfertisti avveniva con telefoni cellulari di vecchia generazione. Le utenze erano intestate a cittadini extracomunitari irreperibili. Oppure usando smartphone con utenze intestate a teste di legno, comunicando solo attraverso i social e le chat.
La truffa cominciava con telefonate “filtro” di breve durata a utenze telefoniche fisse. Per gli inquirenti, queste ultime venivano effettuate di solito da due componenti dell’organizzazione, Vittorio De Filippo e Gabriele Fabiano. E avevano il solo scopo di fare un giro di ricognizione individuando le utenze di anziani e quelle ancora attive.
Chi erano la boss e o’ Mast
Queste chiamare servivano ai truffatori per capire se dall’altra parte del telefono rispondeva una persona anziana. Dopodiché i numeri di telefono venivano dati a uno dei due promotori che gestivano la fase successiva fingendosi maresciallo o avvocato. Un ulteriore complice faceva da connettore tra i telefonisti e i trasferisti che già si trovavano nei luoghi scelti come obiettivi.
I promotori e i sodali di chiamavano con termini come squadra, paranza o banda. E i capi venivano chiamato la boss e o’ Mast (il capo).