Qualsiasi accordo per il cessate il fuoco non fermerà per sempre la guerra a Gaza. La tregua permanente non cesserà la questione palestinese.
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu si trova a Washington dove domani, martedì 4 febbraio, parlerà con il presidente Usa Donald Trump per dare inizio alla seconda fase del cessate il fuoco a Gaza, che dovrebbe sancire la fine della guerra.
L’accordo prevede il rilascio degli altri prigionieri israeliani e palestinesi, un cessate il fuoco stabile e un riposizionamento delle truppe di Tel Aviv con Gaza Nord libera e i corridoi di Philadelphia e Netzarim sotto il controllo palestinese. Negli ultimi giorni è stato riaperto il valico di Rafah dopo le pressioni dell’Egitto.
Più complicato è l’accordo in Libano, dove ci si aspetta un ritiro, ma non è scontato perché Hezbollah non ha intenzione di riposizionarsi sul fiume Litani. Ma con la fine di questa guerra, poco cambierà. “Il popolo palestinese resterà senza patria. Resterà in piedi il problema della convivenza fino a che non si troverà una soluzione”. A parlare è Matteo Giusti, giornalista di Limes ed esperto del Medio Oriente.
“I due Stati non sono più fattibili perché andrebbero ridisegnati i confini del ’67. Si dovrebbe far accettare ai coloni di smettere di prendere terra ai palestinesi e a questi ultimi di accettare di cedere ai primi le terre già prese. È un grande problema”.
Intanto Benjamin Netanyahu è il primo leader straniero che Donald Trump incontra dal suo insediamento, segno dell’alleanza forte tra Israele e gli Usa. Il colloquio “conferma la posizione di Trump, che è stato determinante per raggiungere la prima trattativa. Il presidente Usa resta solidamente dalla parte di Israele. Non dimentichiamo che era disposto a spostare la capitale a Gerusalemme”.
La proposta dell’inquilino della Casa Bianca di spostare i palestinesi in luoghi “più sicuri” come l’Egitto e la Giordania ha scatenato le proteste internazionali. “Faceva parte delle pressioni eccessive e provocatore del modo di fare di Trump che hanno fatto illudere la destra più estrema del governo Netanyahu che fosse possibile. Ma ha ottenuto il risultato di una trattativa. Trump ce l’ha con tutti: Hamas rischia di più, ma anche con Netanyahu”.
Dal suo insediamento Donald Trump ha sbloccato la consegna a Israele delle bombe che Joe Biden aveva sospeso. “Il presidente Usa è un businessman e non vuole rinunciare al suo peso internazionale dato anche dal mercato delle armi”.
Ora Benjamin Netanyahu dovrà senza dubbio cedere a qualche concessione. E fondamentale sarà la sua capacità di mediazione tra i rapporti con gli Usa e le pressioni del suo governo. “Un ritiro totale dell’esercito israeliano sarà difficile da far accettare alla maggioranza di Tel Aviv. – dichiara Giusti a Notizie.com – Allo stesso modo non è accettabile prendere un pezzo di Gaza e trasformarlo in ‘cuscinetto’ per garantire la sicurezza di Israele. Netanyahu quindi, dovrà lasciare un po’ di forze militari a Gaza per non scontentare il suo governo. Ma non potrà strappare terra ai palestinesi per non scontentare gli Usa e la comunità internazionale. Dovrà evitare che il suo governo, piuttosto fragile, cada”.