È il 20 gennaio scorso quando, dopo intere settimane di pausa, riprendono gli sbarchi dei migranti sulle nostre coste. L’Italia in quelle ore è alle prese con un complesso caso internazionale: la detenzione del comandante libico Osama al Najem Elmasry detto Almasri.
L’uomo, accusato di crimini di guerra e contro l’umanità è in carcere a Torino da 2 giorni, arrestato dalla Digos che ha eseguito un mandato di cattura della Corte penale internazionale (Cpi). Nel frattempo, l’hotspot di Lampedusa, in Sicilia, continua a riempirsi.
Tra il 20 ed il 21 gennaio arrivano sull’isola quasi 500 persone. Un’impennata improvvisa, favorita dalle condizioni meteo favorevoli, che presenta comunque aspetti anomali. I migranti sono tutti salpati dalla Libia, dai porti di Zuwara, Zawia, Tripoli, Sabratha e Abu Kammash. Proprio in Libia, invece, nella serata del 21 gennaio, fa ritorno Almasri a bordo di un aereo di stato. Festeggiato dalla folla e dai fuochi d’artificio, il comandante libico poche ore prima era stato rilasciato su ordine della Corte d’appello di Roma che ha giudicato “irrituale” il suo arresto.
Il 22 gennaio l’hotspot di Lampedusa si svuota
Il giorno dopo, il 22 gennaio, l’hotspot di Lampedusa si svuota. In Italia monta la polemica sulla liberazione di Almasri. Cpi e opposizioni vanno all’attacco del governo. Chiedono spiegazioni su come sia stato possibile rilasciare il capo della prigione di Mitiga, a Tripoli, accusato di aver torturato e abusato tramite le forze speciali Rada anche donne e bambini. L’esecutivo si difende: sono stati i giudici a liberare il comandante. Era pericoloso, dunque è stato rimpatriato d’urgenza. Secondo i magistrati, però, il rilascio sarebbe dovuto all’inerzia da parte del Ministero della Giustizia.
Lo scontro è aperto. Intanto, il 24, 25 e 26 gennaio riprendono gli sbarchi di migranti provenienti dalla Libia. L’hotspot di Contrada Imbriacola torna a riempirsi di oltre 500 persone. Sul molo di Lampedusa, in quei giorni, anche le salme di due bambini. L’Italia decide di riprovare ad applicare il protocollo Albania, schiera il pattugliatore Cassiopea al largo di Lampedusa e trasferisce 49 migranti a Shengjin. Anche questa mossa non finirà bene, con la Corte d’appello che ne ordinerà il rientro in Italia.
È una catena di eventi che porta ad un completo corto circuito istituzionale, che si intreccia e che sarebbe all’attenzione di governo e magistratura. Da un lato c’è la paralisi del Parlamento, con la minoranza che chiede a gran voce all’esecutivo di riferire in Aula. Domani è atteso sia alla Camera sia al Senato il Ministro alla Giustizia Carlo Nordio. Dall’altro c’è la Procura della Repubblica di Roma (lo stesso capo dei pm della Capitale, Francesco Lo Voi, è finito nella bufera) che ha aperto un fascicolo sul caso Almasri dopo la denuncia di un penalista, l’avvocato Luigi Li Gotti.
La premier Giorgia Meloni e i Ministri dell’Interno Matteo Piantedosi, della Giustizia Carlo Nordio e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano sono indagati per favoreggiamento e peculato. Non è tutto. Nelle stesse ore in cui si ha notizia dell’avviso di garanzia, il Viminale certifica l’aumento degli sbarchi. Siamo a più 136% rispetto a gennaio 2024.
A fare eco al Ministero dell’Interno l’Unhcr, l’Agenzia Onu per i rifugiati, che specifica che a gennaio la Libia è stato il primo Paese di partenza “con circa il 99% di tutti gli arrivi via mare in Italia”. E poi “almeno due neonati risultano morti e uno disperso in base alle testimonianze raccolte dal nostro staff su un naufragio avvenuto nel mese di gennaio. – si legge in una nota delle Nazioni unite – L’imbarcazione, partita da Sabratha (Libia) con circa 20 persone a bordo, principalmente di nazionalità nigeriana, si sarebbe rovesciata a causa delle onde molto alte dopo un giorno e due notti di navigazione”.
Gli accordi in crisi tra il 18 ed il 21 gennaio
Casualità e nessun collegamento tra le due vicende, solo condizioni meteo favorevoli alle partenze e al viaggio nel Mediterraneo. Forse. Eppure il 13 gennaio, 5 giorni prima dell’arresto di Almasri, Piantedosi affermava che “sta funzionando molto bene l’azione di prevenzione delle partenze e degli sbarchi da Libia e Tunisia”. Nei primi 7 giorni del 2025, infatti, erano arrivati in Italia solo 73 migranti, a fronte dei 552 del 2024. Cos’è accaduto dopo, sarà la politica e la magistratura a chiarirlo.
Ieri, sul caso Almasri, Notizie.com ha sentito l’esperto di geopolitica Claudio Bertolotti, direttore di Start InSight. “L’Italia è sottoposta a una minaccia diretta – ha spiegato Bertolotti – da parte dei vari gruppi che governano a macchia di leopardo la Libia. Avremmo subito pressioni con l’aumento dei flussi migratori, tenuti sotto controllo grazie agli accordi bilaterali”. Accordi delicatissimi, insomma, che hanno camminato spaventosamente sul filo di un rasoio tra il 18 ed il 21 gennaio. Ovvero quando a Torino, per dirlo con le parole del giornalista di Avvenire Nello Scavo, si trovava in carcere una tra le “figure in grado di ricattare l’Italia e l’Europa a colpi di barconi”.