La Regione Toscana è la prima in Italia ad approvare la legge sul suicidio medicalmente assistito. Cosa prevede e quali sono le novità. Tutte le polemiche.
La Toscana è la prima Regione italiana ad approvare la legge sul fine vita. Il testo è passato con 27 sì della maggioranza (Pd e Italia Viva) alla quale si sono uniti il Movimento 5 Stelle e Alndrea Ulmi del Gruppo Misto. 13 invece i voti contrari di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia.
D’ora in poi, verranno garantiti ai malati tempi e modalità certi al suicidio medicalmente assistito. La legge era stata proposta dall’Associazione Luca Coscioni a tutte le Regioni, ma finora non era mai stata approvata. Si chiama Liberi subito, è stata depositata a marzo con oltre 10mila firme e il Consiglio regionale della Toscana l’ha approvata con alcune modifiche attraverso emendamenti riguardanti tempi, procedure, modi di attuazione e verifiche dei requisiti sulla base di quanto sancito dalla Corte Costituzionale.
Oltre alla questione organizzativa, la legge regionale sancisce anche che il costo delle medicine e delle attrezzature necessarie al suicidio medicalmente assistito e le ore a carico dei familiari siano sostenute dal sistema sanitario con una prestazione extra Lea. Il costo non dovrebbe superare i 10mila euro annui. I medici potranno scegliere se partecipare o meno alle fasi del percorso.
Il testo prevede di istituire una Commissione medica multidisciplinare nelle Asl con il compito di garantire il supporto, l’assistenza e i mezzi necessari per completare il fine vita. Inoltre disciplina proceduta e tempi (che in totale saranno venti giorni) e prevede che le prestazioni sanitari siano gratis.
Le cure palliative e la promessa di chiedere una legge nazionale
Inoltre il testo di legge della Regione Toscana regolamenta l’iter che permetterà alle persone di fare domanda all’Asl, tempi e modalità di risposta della commissione preposta a verificare i requisiti. Ad accompagnarla, due ordini del giorno approvati in Consiglio regionale. Il primo, presentato da Italia Viva, impegna la giunta a sostenere il concetto di fine vita come morte dolce, accompagnandolo a politiche regionali mirate a valorizzare le cure palliative e a investire in strutture ad hoc come hospice e ospedali di comunità.
Una legge sul suicidio medicalmente assistito “non limiterà la nostra azione a favore della vita, sempre e comunque”. La notizia non è piaciuta al cardinale Paolo Augusto Lojudice, arcivescovo di Siena e presidente della Conferenza Episcopale Toscana che parla di “sconfitta per tutti”.
Il secondo prevede che la giunta si impegni a ribadire nel Piano sanitario sanitario e sociale il concetto di nascere bene e morire bene, prevedendo l’assistenza domiciliare palliativa. Un altro ordine del giorno è stato approvato dal centrosinistra regionale e impegna ad attivarsi nei confronti del governo e del Parlamento perché venga attivato un percorso legislativo nazionale che regolamenti tutte le procedure relative al fine vita, in attuazione della storica sentenza della Corte Costituzionale del 2019 che chiedeva di legiferare sul tema.
FdI: “La legge sul fine vita è una bandiera ideologica”
I consiglieri regionali di Fratelli d’Italia ritengono che la legge non sia di competenza delle Regioni e che sul tema debba legiferare il Parlamento. “Ha aperto un grave scontro istituzionale e costituzionale”, ritiene Forza Italia. “Pd, Italia Viva e M5S hanno voluto fare una legge bandiera ideologica, priva di appigli giuridici”.
Tra le preoccupazioni degli azzurri, anche il pericolo che i cittadini di altre regioni possano rivolgersi alla Toscana per i “viaggi della morte. Ci auguriamo che la Corte Costituzionale impugni questa legge in breve tempo, anche per scongiurare questa eventualità”. “Sono convinto che questo voto darà un impulso al legislatore nazionale”, ha dichiarato il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani.
Dalla sentenza della Corte Costituzionale del 2019 sul caso di Fabo-Marco Cappato, in Italia undici persone hanno ottenuto l’ok al suicidio medicalmente assistito. Essa sancisce con una sentenza di incostituzionalità parziale dell’articolo 580 del codice penale, che un malato può ricorrere al fine vita se in possesso di alcuni requisiti.
Quali sono i requisiti per accedere al fine vita
Deve essere affetto da una patologia irreversibile e capace di autodeterminarsi. La malattia di cui è affetto deve essere fonte di sofferenza fisica e psicologica che la persona reputa intollerabile. Inoltre il paziente deve essere dipendente da trattamenti di sostegno vitale. Una legge nazionale non è mai arrivata dal 2019. Eppure molte persone hanno richiesto di ricorrere a questa pratica. Il dato arriva dall’Associazione Coscioni e rileva che negli ultimi dodici mesi sono arrivate 16.035 richieste di informazioni sul fine vita tramite il numero bianco coordinato dalla compagna di Dj Fabo, Valeria Imbrogno e le mail.
Dalla sentenza della Corte Costituzionale del 2019 invece, 7 persone hanno scelto di ricorrere alla pratica in Svizzera, con la successiva autodenuncia dei loro accompagnatori che rischiano dai 5 ai 12 anni di carcere. Sempre la Consulta, a luglio, con un’altra sentenza ha ribadito i requisiti per accedere al suicidio assistito.
Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, ha parlato di “grande vittoria per la libertà di scelta”. E di un “successo” che “è solo all’inizio. Vogliamo portare la proposta in tutte le Regioni”.
E tra i presidenti di Regione che si sono espressi in merito c’è Luca Zaia, che rappresenta il Veneto. “Il fine vita esiste già”, ha dichiarato al Corriere della Sera. “È normato da una sentenza. Dire che non esiste significa non essere rispettosi dei cittadini”. Zaia ha incaricato i suoi tecnici di scrivere un regolamento per attuare la sentenza della Corte Costituzionale del 2019.
“È inaccettabile non dare seguito a una sentenza della Corte“, ha aggiunto. “Io ho l’obbligo di rispondere se c’è una richiesta prevista dalla legge”. In Veneto dal 2019 sono arrivate sette domande per ricorrere al fine vita. “Tre sono state accettate, anche se uno dei pazienti è poi mancato senza l’applicazione della procedura”.
Duro invece, il ministro per gli Affari europei Tommaso Foti: “Non penso che sia una competenza delle Regioni legiferare sul fine vita”. Dallo stesso Pd nazionale arrivano critiche alla legge del centrosinistra toscano. Secondo Silvia Costa e Stefano Lepri, nella direzione nazionale del Pd, la decisione di fare una legge regionale è “discutibile” perché non esiste un quadro normativo nazionale.