Il campione di San Candido, atteso dal processo doping al TAS di Losanna, incassa il parere dell’esperta in materia: rivelazioni shock
Sul campo, non c’è storia. Dopo un 2024 trionfale, fatto di 7 titoli vinti, tra cui 2 Major, la vittoria alle ATP Finals e la seconda affermazione consecutiva in Coppa Davis grazie al successo nell’ultimo atto contro l’Olanda, Jannik Sinner ha iniziato il 2025 come meglio non avrebbe potuto.
Chiamato a difendere il titolo vinto 12 mesi prima sul cemento di Melbourne, il fuoriclasse azzurro non ha tremato. Ha concesso il bis, soffrendo anche meno rispetto alla vittoria in rimonta ottenuta contro Daniil Medvedev nell’ultimo atto della finale del 2024.
Già certo di restare in vetta al ranking mondiale – posizione che occupa ininterrottamente dal 9 giugno scorso – per diverse settimane dopo gli Australian Open, il tennista altoatesino è atteso dall’impegno di Doha, per il torneo valido per la categoria ATP 500, dove si confronterà con Carlos Alcaraz e Novak Djokovic, anche loro presenti nel main draw.
Tra qualche settimana poi, si torna negli Stati Uniti per il celeberrimo swing composto dai due prestigiosi appuntamenti di Indian Wells e Miami, i tornei 1000 che lo scorso anno videro Jannik arrivare in semifinale in California, vincendo poi la successiva competizione in Florida. Proprio sul cemento della prima kermesse, il tennista azzurro lo scorso anno fu sottoposto al controllo antidoping che tanti problemi gli ha causato e che forse gli causeranno nell’immediato futuro.
Sebbene sia stato scagionato in un primo momento da un tribunale indipendente dell’ITIA, Sinner è stato chiamato a rispondere delle stesse accuse a causa del ricorso presentato dalla WADA (l’Agenzia Mondiale dell’Antidoping). Che ha chiesto ed ottenuto un nuovo processo che avrà luogo al TAS di Losanna tra il 16 e 17 aprile prossimi.
Intervistata da ‘Tennis365.com‘, la Ceo dell’ITIA Karen Moorhouse ha parlato del caso Clostebol che ancora pende sulla testa del campione altoatesino, nonché delle possibili conseguenze disciplinari derivanti dal processo nella città svizzera.
“Se risulti positivo a una sostanza vietata, il punto di partenza per una sanzione è di quattro anni. Se riesci a dimostrare che l’assunzione non è stata intenzionale, la pena si riduce a due anni. Qualora invece riuscissi a dimostrare che non c’è stata colpa, allora non c’è alcuna sanzione“, ha esordito la dirigente.
“Esiste però un’altra categoria, quella della ‘negligenza significativa‘. Che prevede un range di penalità che va da un semplice rimprovero fino a un massimo di due anni di squalifica. È proprio su questo punto che si gioca il ricorso della WADA. Qui non si parla di un prodotto contaminato. La crema utilizzata dal suo team non era alterata. Conteneva esattamente ciò che era scritto sull’etichetta. Questa è la grande differenza rispetto ai casi di Halep e Swiatek. Non essendoci contaminazione, il range di sanzione possibile per Sinner parte da un minimo di un anno“, ha concluso Moorhouse.