Il covid torna a tenere banco: non (per fortuna) per quanto concerne la diffusione del virus ma nella polemica politica. Con la maggioranza di governo che è di nuovo preda di attriti.
Stavolta lo scontro si consuma tra Fratelli d’Italia da un lato e Forza Italia dall’altro. Al partito guidato da Antonio Tajani non è piaciuta la mossa dei parlamentari FdI componenti della commissione covid di convocare una conferenza stampa per denunciare “lo scandalo emerso”.
In sintesi: Fratelli d’Italia solleva il caso di “880 milioni di mascherine contraffatte, pagate 1,25 miliardi e acquistate dal commissario Arcuri a 3-4 volte il prezzo di mercato”. I parlamentari FdI denunciano quindi uno spreco di denaro pubblico che sarebbe passato per una serie di operazioni non proprio trasparenti, come sottolineato dalla deputata Alice Buonguerrieri: “In nome della necessità politica, la pubblica amministrazione avrebbe derogato a tutte le norme in vigore”.
I capigruppo Lucio Malan e Galeazzo Bignami, assieme ai deputati Buonguerrieri e Francesco Filini specificano che quelle mascherine non erano idonee ad affrontare l’emergenza pandemica, giudicate pericolose per la salute da parte della guardia di finanza. “Stiamo parlando delle mascherine comprate per oltre un miliardo di soldi pubblici”, continuano i parlamentari. Da quella che all’epoca era la struttura diretta dal commissario Arcuri. “Operazioni di cui il governo era a conoscenza”, proseguono i parlamentari FdI.
Insomma: un attacco frontale a quella che è stata la gestione della pandemia da parte del governo Conte II. Lo stesso capogruppo FdI alla Camera, Bignami, tira in ballo in modo diretto l’attuale leader del Movimento 5 Stelle: “Conte ha una responsabilità politica gravissima. Non voglio neppure pensare all’ipotesi che il presidente potesse essere consapevole che queste mascherine non erano valide”.
Bignami sottolinea come Conte non fosse personalmente lì a verificare lo sdoganamento della merce, ma che al contempo le persone preposte a farlo “avevano realizzato un circuito con cui certe mascherine venivano più facilmente sdoganate e immesse al consumo”. In pratica, Bignami accusa il governo di allora di non aver vigilato sulla commercializzazione di mascherine non idonee a bloccare il contagio: “I fatti dimostrano che non eravamo pronti”.
Fin qui i motivi della denuncia politica portata avanti da FdI. Tutto ciò non è piaciuto in Forza Italia, in particolare ai componenti della commissione parlamentare covid Licia Ronzulli, Stefano Benigni e Annarita Patriarca. I quali “apprendono con sorpresa” della conferenza indetta dai colleghi di Fratelli d’Italia. Per un motivo in particolare: “Questa è una commissione d’inchiesta, non uno strumento a uso di un singolo gruppo”.
La commissione parlamentare sulla gestione dell’emergenza covid fu infatti approvata dal Parlamento nel febbraio dell’anno scorso. Il testo prevede che tale commissione sia composta da quindici senatori e quindici deputati di maggioranza e opposizione, nominati in proporzione ai componenti dei gruppi parlamentari. L’obiettivo è indagare sull’operato del governo Conte II e dell’allora ministro della Salute, Roberto Speranza.
Ecco perché la fuga in avanti di FdI non è piaciuta a Forza Italia. Le fibrillazioni in maggioranza nascono dal fatto che i parlamentari di FI hanno considerato come “solitaria” l’iniziativa dei colleghi di maggioranza. E che la conferenza stampa indetta dai capigruppo del partito di Giorgia Meloni presenti “come già accertati e conclusivi i contenuti di alcune audizioni fin qui svolte”. Non c’è stata condivisione delle scelte, insomma.
I componenti FI della commissione ricordano come la stessa sia chiamata “a mantenere uno sguardo obiettivo, svolgere audizioni e fare attività istruttoria”. Ritrovandosi così sulle stesse posizioni del Partito Democratico, che – in una nota – considera “scorrettissimo” il comportamento di Fratelli d’Italia. “Tenere una conferenza stampa per commentare l’andamento dei lavori della commissione, tra l’altro tirando conclusioni ed emettendo giudizi politici, è indecente”. Arrivando a definire “ai limiti del delinquenziale” l’iniziativa.
Quella della commissione parlamentare covid, d’altra parte, è stata sempre una storia travagliata. Sin dal suo insediamento, avvenuta il 18 settembre 2024. Ben otto mesi dopo la sua approvazione da parte delle Camere. Mesi di polemiche, con il Pd che la definiva come “manganello agitato dal centrodestra”. Ad agosto 2024, visto che i presidenti di Camera e Senato non ricevevano i nomi dei componenti designati da parte delle opposizioni, ne nominarono d’ufficio i capigruppo.
Solo Italia Viva, col leader Renzi in testa, votò all’epoca per l’istituzione della commissione. Per il resto, le opposizioni continuavano con la loro battaglia. Sempre il Partito Democratico la definì come un “monumento alla disinformazione”. Oggi quelle tensioni si rinnovano, ma stavolta in seno all’attuale maggioranza.