Potrebbe essere stato un attentato quello al Nord di Israele nel quale sono rimaste ferite almeno dodici persone, tra cui una ragazza di diciassette anni.
Oggi, giovedì 27 febbraio, al Sud di Haifa, nel Nord di Israele, un’automobile ha investito diversi pedoni a un incrocio, ferendo almeno dodici persone tra le quali una diciassettenne che ora si trova in condizioni critiche all’ospedale Hillel Yaffe, ad Hadera.
Secondo i media locali respira con l’aiuto di un ventilatore ed ha riportato ferite alla testa e agli arti. La giovane stava aspettando l’arrivo dell’autobus alla fermata, insieme con altre persone che sono rimaste ferite.
Israele non esclude che possa essersi trattato di un attentato terroristico. Sempre secondo i media locali tra cui il Times of Israel, alla guida dell’automobile ci sarebbe stato un uomo di cinquantatre anni. Si chiamava Jamil Zayoud ed è stato ucciso dalla polizia. Era originario di Ma’ale Iron, vicino Haifa, dove viveva con la moglie arabo-israeliana.
Sono ore concitate per Israele, già alle prese con l’inizio di una nuova fase dei negoziati dopo il rilascio degli ultimi prigionieri. Tel Aviv ha scarcerato in totale 643 palestinesi nell’ambito degli accordi per il cessate il fuoco. Hamas si è detto pronto ad avviare nuovi colloqui e il premier Benjamin Netanyahu è pronto ad inviare una nuova squadra ad hoc per portare avanti i negoziati al Cairo.
L’indagine dell’Idf sul 7 ottobre: “Non eravamo pronti a difenderci”. Ma gli israeliani accusano anche Netanyahu
Ma a pesare su Israele è il mea culpa sul 7 ottobre: in un’inchiesta pubblicata oggi, l’esercito ammette di aver sottovalutato la minaccia di Hamas. L’attacco è avvenuto in tre ondate e al suo apice sono entrate in Israele da Gaza più di 5mila persone.
Nell’indagine, l’Idf descrive nel dettaglio la percezione sbagliata avuta per un decennio di Hamas, e il rifiuto di riconoscere il pericolo di un’invasione anche nelle ultime ore prima dell’attacco. Oltre che una confusa gestione della crisi quel giorno. Materiale di intelligence male interpretato negli anni, oltre che la netta inferiorità numerica dell’esercito rispetto ai miliziani di Hamas. L’esercito israeliano non era pronto né poteva immaginare “uno scenario” come quello del 7 ottobre. E per questo i terroristi sono riusciti in tre ondate ad entrare in Israele cogliendolo di sorpresa.
L’Idf inoltre, credeva che la rete di tunnel di Hamas a Gaza fosse degradata e di poter affrontare qualsiasi minaccia grazie alla recinzione di confine ad alta tecnologia di Israele. Molti cittadini israeliani però, danno la colpa al premier Netanyahu. Ad esempio, quella di ave consentito al Qatar di inviare denaro a Gaza e di aver messo da parte l’Anp (Autorità nazionale palestinese), rivale di Hamas.
A tutte le domande il presidente intende rispondere dopo la guerra e ha resistito alle richieste di una commissione di inchiesta nonostante la pressione pubblica anche delle famiglie delle circa 1.200 persone morte nell’attacco di Hamas del 7 ottobre.