“L’Italia deve aumentare controlli e sanzioni sulle società private che forniscono servizi alle navi della flotta fantasma e sulle autorità portuali che le lasciano attraccare”.
A parlare, in esclusiva per Notizie.com, è Sofia Basso, research campaigner Pace e Disarmo di Greenpeace Italia. Il caso è quello della flotta ombra della Russia. Si tratta di una schiera di petroliere che sfuggono ai controlli per aggirare le sanzioni, comminate dall’Unione europea, che le impediscono di commerciare liberamente greggio a seguito della guerra di aggressione all’Ucraina.
Greenpeace ha realizzato un dossier che confermerebbe come diverse navi della flotta opererebbero al largo della Sicilia, a poche centinaia di metri dalle acque territoriali italiane. L’Unità investigativa dell’organizzazione ambientalista ha monitorato le attività di 52 petroliere al largo del golfo di Augusta da gennaio a novembre 2024. Ha individuato 33 trasferimenti di petrolio da una nave all’altra in mare aperto.
“È necessario identificare le petroliere della flotta ombra e inserirle all’interno dei pacchetti di sanzioni Ue per garantire che non possano più partecipare al commercio del petrolio russo. – ha spiegato Basso – È poi necessario potenziare la vigilanza sulla corretta applicazione dell’embargo petrolifero e del price cap sia nelle acque internazionali che nelle acque territoriali. Le autorità italiane devono anche aumentare i controlli, e le eventuali sanzioni pecuniarie, sulle società private che forniscono servizi alle navi della flotta fantasma e sulle autorità portuali che le lasciano attraccare”.
Basso (Greenpeace) in esclusiva per Notizie.com: “Agire prima del 2027 o sarà troppo tardi”
Secondo l’esperta la Grecia ha risolto il problema dichiarando zona di interesse militare l’area presa di mira dalla flotta fantasma russa ai confini con le sue acque. Rendendola off limits. L’Italia potrebbe inoltre mandare delle vedette oltre le 12 miglia per scoraggiare le violazioni delle sanzioni. Lo specchio di mare a poche centinaia di metri da Siracusa è attualmente un hotspot per i trasbordi di greggio e prodotti petroliferi da una nave all’altra (ship to ship transfer, in gergo sts). Si tratta di pericolose operazioni che vengono fatte in mare aperto per nascondere la reale origine del carico. E violare così l’embargo europeo sul petrolio russo.
“Greenpeace chiede che la Ue interrompa le importazioni di tutte le fonti fossili russe, compresi il gas e il Gnl (Gas naturale liquefatto, ndr) – ha continuato la research campaigner – al momento non coperti ad embargo, ben prima del 2027. Allora sarà tardi sia per i civili sotto il fuoco russo, sia per il pianeta sconvolto dai cambiamenti climatici. L’Ue può ridurre il petrolio russo (e non solo). Ed evitare l’instabilità economica puntando verso una energia verde e sostenibile. Accelerare gli investimenti nella transizione energetica è l’unico modo che abbiamo per non alimentare l’inferno climatico. E per ridurre la dipendenza energetica da fonti fossili esterne al nostro continente, in particolare quelle russe”.
Greenpeace ci ha spiegato che “produrre energia da fonti democratiche e accessibili come il sole e il vento ridurrebbe la domanda di fonti fossili, aumenterebbe l’indipendenza energetica. E abbatterebbe anche i costi delle bollette a carico dei cittadini e delle imprese. Eravamo sulla buona strada con il Green Deal europeo, ma lo scoppio della guerra in Ucraina ha paradossalmente ridato vigore ai lobbisti fossili. Questi ultimi hanno spostato l’attenzione sulla sicurezza energetica puntando solo su altre forniture di petrolio e ritardando la transizione”.
Nei giorni scorsi è scoppiato, sempre al largo delle coste italiane ma in Liguria, il caso della Seajewel. La petroliera, battente bandiera maltese, nella metà di febbraio è stata oggetto di due esplosioni che ne hanno danneggiato lo scafo. Le autorità italiane stanno indagando per naufragio aggravato dalla finalità del terrorismo. La Seajewel potrebbe essere finita sotto attacco davanti alle coste di Savona poiché farebbe parte della cosiddetta flotta ombra della Russia.
La seconda carica si sarebbe staccata dallo scafo
“Le nostre informazioni sulla Seajewel corrispondono a quanto riportato da vari media. – ha sottolineato Sofia Basso – L’armatore era lo stesso di una delle navi identificate da Greenpeace come impegnata in operazioni di transhipping di prodotti petroliferi al largo di Augusta. La dinamica dell’incidente è ancora da definire. Se, come riportato dai media, la seconda carica si sarebbe staccata dallo scafo esplodendo lontano da esso, è ipotizzabile che l’intenzione degli attentatori non si limitasse solo ad un avvertimento, ma avesse l’obiettivo di affondare la nave, ripetendo scenari che ricordano (probabilmente in misura minore ma comunque significativa) l’affondamento della Haven nell’aprile del 1991”.
Secondo Greenpeace Italia gli sversamenti hanno ovviamente impatti diversi a seconda della tipologia di materiale coinvolto. Nel caso della Seajewel si trattava di greggio e i rischi maggiori derivano dall’impatto fisico del greggio (su spiagge e animali), dal rilascio di composti (in acqua e in atmosfera) tossici e/o cancerogeni (idrocarburi policiclici aromatici Ipa) e quindi dalla contaminazione che ne deriva. Se il greggio si incendia può aumentare il rilascio di composti volatili. Inoltre, per la dispersione della “marea nera” possono essere utilizzate sostanze (disperdenti) con effetti pericolosi.
Savona è nel cosiddetto Santuario dei Cetacei
Molte di queste sostanze sono ormai vietate ma, giusto per citare un esempio, i disperdenti che sono stati utilizzati nel golfo del Messico dopo l’esplosione della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon anche dopo anni dal rilascio avrebbero avuto effetti negativi sull’ambiente e sulla salute umana. Per quanto riguarda i rischi ambientali (ricordiamo che Savona è nel cosiddetto Santuario dei Cetacei), le analisi di lungo termine dell’inquinamento della Deepwater Horizon riferiscono in particolare impatti negativi su tartarughe marine e cetacei. Ad esempio a causa di un indebolimento che rende gli animali più esposti a infezioni. Molto esposte possono essere le comunità biologiche della fascia costiera. Ma assai poco sappiamo degli impatti nei fondali marini.
“Anche le attività di transhipping di prodotti petroliferi identificate al largo di Augusta non sono prive di pericoli di sversamenti accidentali. – ha concluso Basso – Anche considerando che spesso le navi della cosiddetta flotta ombra sono petroliere vecchie e fatiscenti prive di coperture assicurative. Non sembra essere il caso della Seajewel. Costruita nel 2009 ha un doppio scafo che fortunatamente ha resistito all’unica carica esplosa in modo efficace. Non avrebbe probabilmente resistito alla seconda. Almeno secondo le ricostruzioni fin qui disponibili”.