Da undici giorni nessun cibo, acqua, medicine, carburante o altri beni essenziali sono entrati a Gaza. La tregua nella Striscia è appesa ad un filo.
In Qatar, a Doha, i negoziatori israeliani hanno sul tavolo la proposta americana per l’estensione del cessate il fuoco di altri 60 giorni in cambio del rilascio di 10 ostaggi ancora in vita. Su 59 rapiti ancora a Gaza si ritiene che 24 siano vivi, gli altri 35 morti.
Il pressing su Hamas, che vorrebbe in cambio la liberazione di quelli che sono considerati terroristi di alto livello, si sta traducendo in una nuova crisi umanitaria. Il governo di Tel Aviv sta attuando una strategia che è già valsa al premier Benjamin Netanyahu un mandato di arresto per crimini contro l’umanità e crimini di guerra. Il mandato è stato emesso nei mesi scorsi dalla Corte penale internazionale (Cpi).
“La situazione umanitaria a Gaza sta peggiorando rapidamente. – ha affermato afferma Riham Jafari, coordinatrice per la comunicazione e l’advocacy di ActionAid Palestine – Privare le persone di aiuti salvavita è un’evidente violazione del diritto internazionale umanitario. E costerà sicuramente molte vite. Chiediamo che tutti i valichi di frontiera vengano aperti. E che gli aiuti umanitari vengano consegnati immediatamente e su larga scala”.
Le scorte di beni essenziali già scarseggiavano
Anche prima di questo ultimo blocco degli aiuti, il livello di bisogno a Gaza era già critico. Le scorte di beni essenziali scarseggiavano dopo 15 mesi di guerra e restrizioni severe agli aiuti. Ora, le organizzazioni umanitarie troveranno ancora più difficile sostenere la popolazione. In quanto potenza occupante, le autorità israeliane avrebbero l’obbligo, ai sensi del diritto internazionale umanitario, di garantire un accesso senza ostacoli agli aiuti umanitari per Gaza.
Con il taglio della corrente, il principale impianto di desalinizzazione a Khan Younis è oggi costretto a funzionare a carburante. Causando una riduzione della produzione da 17 milioni a 2,5 milioni di litri al giorno. “È scandaloso che le autorità israeliane stiano ancora una volta usando gli aiuti umanitari come strumento di negoziazione in una guerra”, ha spiegato Myriam Laaroussi, coordinatrice dell’emergenza di Msf a Gaza.
Laaroussi (Msf): “Rispettare il diritto internazionale umanitario”
Israele, insomma, sta privando la popolazione dei servizi di base e delle forniture essenziali, compreso l’accesso all’acqua. Le autorità israeliane usano i bisogni umanitari come merce di scambio, tagliando la fornitura di elettricità e impedendo l’ingresso di tutti gli aiuti. “Questa politica, che equivale a una punizione collettiva, deve essere immediatamente fermata. – ha continuato Laaroussi – Msf chiede alle autorità israeliane di rispettare il diritto internazionale umanitario. Di assumersi le proprie responsabilità come potenza occupante. E di porre fine a questo disumano blocco della Striscia”.
Tre camion, carichi principalmente di forniture mediche, sono stati gli ultimi rifornimenti che Msf è riuscita a far entrare a Gaza lo scorso 27 febbraio. Msf ha inoltre diversi camion che sarebbero dovuti entrare a Gaza prima del blocco. Le équipe stanno cercando di intensificare la risposta a Gaza, soprattutto nel nord, dove le persone hanno bisogno di tutto da mesi. L’assedio di Israele, iniziato il 9 ottobre 2023, ha lasciato centinaia di migliaia di persone a Gaza senza elettricità, cibo o carburante. Provocando una catastrofe umanitaria.