Omicidio colposo plurimo, disastro colposo e lesioni personali: sono queste le accuse mosse dalla Procura della Repubblica di Prato nei confronti degli indagati nell’ambito dell’inchiesta sull’esplosione del deposito Eni di Calenzano, non lontano da Firenze.
Sotto indagine sono finiti, a vario titolo, nove persone. Si tratta di sette dirigenti Eni e due della società appaltatrice Sergen. Indagata anche la stessa Eni spa, con sede a Roma, ai sensi della legge sulla responsabilità amministrativa in ordine ai reati di omicidio e lesioni.
L’incidente avvenuto il 9 dicembre 2024 ha causato cinque morti e danni per centinaia di migliaia di euro. Il procuratore Luca Tescaroli ha parlato di un “evento prevedibile e evitabile” sulla base di risultanze investigative. E di un “errore grave e inescusabile”. Dall’analisi della documentazione è emersa la presenza di fonti di innesco, come il motore a scoppio di un elevatore. Il motore ha generato calore in un’area ad alto rischio. Proprio in un momento in cui le operazioni di carico delle autobotti erano parallele alle attività di Segen.
Tutti i nomi degli indagati
Tra gli indagati Patrizia Boschetti, datore di lavoro committente responsabile della struttura organizzativa e gestione operativa del centro Eni spa di Roma, e Luigi Collurà dirigente con delega di funzioni sulla sicurezza del deposito Eni di Calenzano. Avvisi di garanzia poi per Carlo Di Perna, responsabile manutenzioni e investimenti depositi Centro Eni spa, Marco Bini, preposto Eni richiedente il permesso di lavoro che ha classificato l’attività di Sergen, Elio Ferrara, preposto Eni che ha autorizzato il rinnovo del permesso di lavoro a Sergen per il 9 dicembre 2024.
A chiudere la lista Emanuela Proietti, responsabile del servizio prevenzione protezione (Rspp) di Eni, Enrico Cerbino, responesabile del progetto esterno (project manager external) per le Manutenzioni e investimenti depositi Centro (Eni), Francesco Cirone, datore di lavoro e Rspp della impresa esecutrice Sergen srl di Viggiano, Luigi Murno, preposto della Sergen. Sono indagati a vario titolo per omicidio plurimo colposo, lesioni colpose e disastro colposo.
I reati ipotizzati sarebbero stati commessi “nell’interesse e a vantaggio di Eni“, “in assenza del modello organizzativo, adottato prima dei fatti, che contenesse misure precauzionali volte a impedire la situazione di rischio prevedibile e evitabile che ha prodotto le esplosioni e l’incendio. Tipologia di evento che Eni spa, secondo il metodo statistico utilizzato, aveva classificato con una probabilità di accadimento molto bassa”. Nelle indagini sono emerse condotte di responsabilità oggettiva da parte di Eni.
Uno dei nove indagati avrebbe tentato in qualche modo di ostacolare le indagini sulle cause dell’esplosione. Avrebbe una cartella documentale emersa più di un mese dopo l’esplosione. Nella cartella ci sono documenti e appunti. Essi compaiono per la prima volta il 27 gennaio. Si dà conto della richiesta di Eni a Sergen di rimuovere due valvole lungo l’area in cui partì l’avaria che causò la prima esplosione seguita da altre tre (furono quattro in tutto).
Proseguì il flusso di camion cisterna mentre venivano fatte attività di manutenzione
“Se le pompe di carico delle autobotti – ha spiegato Tescaroli – fossero rimaste chiuse come dovevano dalle ore 9 alle ore 15 del 9 dicembre 2024 sarebbero andati persi circa 255mila euro di guadagni. Gli interventi di manutenzione, quel giorno, non potevano e non dovevano essere portati avanti in presenza del normale carico delle autocisterne“. Tra gli elementi per cui, invece, fu continuato a pompare benzina e gasolio nelle linee di carico. Proseguì il flusso di camion cisterna mentre venivano fatte attività di manutenzione accanto. Viene considerato dall’inchiesta anche il vantaggio economico stimato per quella giornata in quel deposito di Calenzano.
“Eni conferma, come fatto finora, – hanno fatto sapere dall’azienda – la propria piena e totale collaborazione all’autorità giudiziaria. Con la volontà prioritaria di contribuire a individuare le cause e le dinamiche ad esse associate all’origine dell’incidente. Eni conferma altresì il proprio impegno al risarcimento dei parenti dalle vittime dell’incidente e, con la maggiore tempestività possibile consentita dai tempi dalle attività di perizia, dei danni civili sul territorio, in avanzato stato di definizione complessivo”.