Un audio ricevuto su WhatsApp e poi inoltrato ad altri contatti senza il consenso esplicito del mittente. Si tratta di un azione illegale?
Condividi o inoltra. Due comandi familiari a chiunque usi app di messaggistica e social. E spesso usati con troppa leggerezza. Condividere o inoltrare contenuti senza riflettere può portare a gravi conseguenze. Di conseguenza, tale comportamento, anche se apparentemente innocuo, potrebbe costare caro a chi condivide il vocale.
Dipende ovviamente dal contenuto del messaggio. E poi dal contesto in cui è diffuso. Solo in alcuni specifici casi, un audio ricevuto e poi inoltrato su WhatsApp non determina un chiaro illecito. Per esempio nel momento in cui tutti i partecipanti di una conversazione hanno dato il consenso alla sua diffusione. Oppure se l’audio in questione è già stato pubblico altrove. Per esempio, se è già stato trasmesso da fonti ufficiali.
L’altra fattispecie che rende l’azione lecita riguarda il diritto di cronaca. Se la diffusione dell’audio ricevuto sull’app di messaggistica può informare su un fatto di pubblico interesse, senza violare specifiche norme di legge, la giurisprudenza approva la sua condivisione.
In tutti gli altri casi l’audio inoltrato su WhatsApp potrebbe determinare una violazione della riservatezza. Oppure una trasgressione delle norme a tutela della protezione dei dati personali. Bisogna stare attenti soprattutto a tre possibilità relative al contenuto dell’audio. La prima: se il messaggio contiene informazioni personali o sensibili, il reato di diffusione è grave. Poi c’è la seconda possibilità: quando la condivisione di un audio si caratterizza per contenuti diffamatori che potrebbero appunto configurare il reato di diffamazione.
Terza possibilità: l’audio contiene informazioni intime o riservate. Anche in questo caso si tratta di una violazione grave, con conseguenze penali. Un caso emblematico è quello del revenge porn o della diffusione di conversazioni strettamente personali.
WhatsApp: audio inoltrato senza autorizzazione, le conseguenze
Ecco perché prima di inoltrare un audio su WhatsApp sarebbe sempre meglio chiedere il consenso dell’interessato. La normativa in vigore, basata sul GDPR, ovvero sul regolamento generale sulla protezione dei dati, rivela infatti che la diffusione di contenuti privati senza consenso può comportare una violazione del diritto alla privacy dell’autore originale del messaggio.
Con la diffamazione (art. 595 del Codice Penale) si rischia una multa fino a 1.032 euro o la reclusione fino a tre anni allorquando il contenuto dell’audio inoltrato su WhatsApp è particolarmente lesivo. Ma non è tutto. L’audio inoltrato potrebbe anche essere punito (secondo l’articolo 616 del Codice Penale) come rivelazione del contenuto di corrispondenza privata senza autorizzazione.
Si tratta quindi di una violazione della privacy. Un reato che può essere punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni, come previsto dall’articolo 615-bis del Codice Penale). Infine, bisogna valutare il contesto della diffusione. Se l’audio viene condiviso in un contesto ristretto e senza scopi lesivi, le conseguenze potrebbero essere meno gravi.
Con la diffusione su larga scala (per esempio sui social) la violazione si aggrava, e con essa crescono i danni alla reputazione del mittente e le possibili richieste di risarcimento. Se poi l’intento della condivisione è quello di arrecare danno o violare la riservatezza, le sanzioni saranno ancora più severe.