In Italia e in diverse parti del mondo è partita; gli Stati Uniti si sono ritirati dall’accordo: parliamo della Global minimum tax (Gmt). Ma di cosa si tratta e perché se ne parla oggi?
Cominciamo col dire che la Global minimum tax è frutto di un accordo, risalente al 2022, tra i Paesi dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) e del G20.
L’Ocse, com’è noto, è un’organizzazione internazionale intergovernativa. Essa promuove la crescita economica e la cooperazione tra i suoi membri. La Gmt è nata sull’assunto di voler contrastare l’elusione fiscale delle multinazionali. Assicurando un livello minimo di imposizione di tasse al 15% in ciascuno dei Paesi in cui le grandi aziende operano.
Global minimum tax: a chi è destinata e perché
Il provvedimento, che era stato approvato inizialmente da oltre 130 Paesi, ha l’obiettivo d evitare una sorta di competizione al ribasso tra i vari Stati in termini di tassazione per “ospitare” le multinazionali. Per queste ultime, o meglio, per tutti i gruppi con fatturato annuo superiore a 750 milioni di euro, è stata prevista una quota minima di imposte al 15%. A prescindere dal luogo dove operano.
La Gmt potrebbe cancellare di fatto il concetto di paradiso fiscale. Parliamo dei Paesi con tassazione molto bassa o nulla dove le multinazionali troverebbero conveniente trasferire la propria sede ed operare. Il problema è che uno dei primi provvedimenti firmati dal presidente Usa Donald Trump, insediatosi ad inizio anno alla Casa bianca, ha riguardato proprio il ritiro di Washington dagli accordi Ocse.
Dunque per gli Stati Uniti, dove hanno “cittadinanza” diverse multinazionali del web, nessuna Global minimum tax. Un aspetto importante, alla luce dei dazi scatenati (e poi sospesi per 90 giorni) da Trump. E che potrebbe presto finire sui tavoli di negoziazione con l’Europa ed altri Paesi per scongiurare una guerra commerciale. Del resto l’Ue ha già messo più volte nel mirino le multinazionali che, nel vecchio continente, hanno sede perlopiù in Irlanda. Per loro, a seguito di accertamenti fiscali, potrebbero scattare pesanti sanzioni.
L’accordo Ocse in Europa è stato inserito in una direttiva Ue recepita dall’Italia con un decreto legislativo nel dicembre 2023. “Il punto di partenza sono i dazi. – ha spiegato nelle scorse ore il Ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti – Poi abbiamo una questione aperta sulla tassazione internazionale. Cioè l’ambizione di creare la Global minimum tax internazionale, che l’amministrazione Trump ha messo nel cassetto. E poi dobbiamo quindi cercare di gestire e decidere la tassazione sul web che in Italia è già partita. Questo è sicuramente un altro aspetto importante“.