Licenza di Uccidere compie 60 anni e vale la pena dare nuovamente uno sguardo al film che consacrò Sean Connery nel ruolo più importante della sua vita.
Era il 5 ottobre del 1962 quando il primo 007, dal titolo Licenza di Uccidere in Italia e Dr. No nel Regno Unito, iniziò una storica saga cinematografica, destinata a perdurare fino ad oggi.
Come spesso accade, le genesi di miti cinematografici del calibro di James Bond, sono una fortunata commistione di fortuna e audacia. Nel caso specifico, il giovane Sean Connery – morto novantenne il 31 ottobre del 2020 – non superò né la selezione iniziale, né il severo giudizio di Ian Fleming (scrittore e ideatore dei romanzi originali di 007), tuttavia, il coraggio e la lungimiranza del produttore Albert Broccoli, permisero all’affascinante scozzese di ottenere la parte, consentendoci di ammirare quella che sarebbe divenuta, senza alcun dubbio, l’interpretazione di Bond più credibile e rappresentativa di sempre.
Dr. no: il manifesto di un genere cinematografico
Il primo storico film di Bond si pone come autentico manifesto di ciò che avrebbe significato 007 nell’immaginario collettivo nei successivi sessant’anni: dalla straripante eleganza e il magnetico fascino di Connery (che indossava un parrucchino per via della precoce perdita dei capelli), passando per la sbalorditiva bellezza delle donne incontrate nel corso delle sue avventure, fino all’inquietante carisma dei suoi nemici, Licenza di uccidere (Dr. No) è espressione assoluta del futuro mito britannico.
Oggi, rivedendo Licenza di uccidere – disponibile su Prime Video insieme al resto della saga – non si ha mai la fastidiosa sensazione di assistere ad un prodotto malamente invecchiato ma, al contrario, si riescono a rintracciare molti dei preziosi elementi che ispirarono il genere nei decenni a venire. Sotto il profilo squisitamente tecnico si fanno apprezzare i timidi tentativi di inserire effetti speciali all’avanguardia per l’epoca, che, seppur anacronistici, non intaccano le piacevoli atmosfere del film. La struttura della trama è classica e tendenzialmente prevedibile, ma dialoghi brillanti e l’eccellente scrittura dei personaggi, riescono ancora a mantenere alta l’attenzione dello spettatore.
Gran parte del fascino, comunque, deriva dal leggendario confronto dialettico tra Bond e il raccapricciante Dr. No, al quale il film sembra tendere sin dall’inizio: “Il dominio del mondo… il solito sogno, i manicomi sono pieni di gente che crede di essere Napoleone o Dio” o “Oriente e Occidente… solo due punti cardinali, ognuno stupido quanto l’altro” sono soltanto alcune delle frasi più affascinanti di un’avvincente disputa politico-filosofica, che all’epoca sarebbe valsa da sola il prezzo del biglietto (il film incassò 60 milioni di dollari a fronte di un solo milione investito).
Se ad primo sguardo, la figura di Bond sembrerebbe aderire con convinzione al tipico maschio alpha di metà novecento, è in seguito ad una disamina più fine che emergono le inestimabili sfumature del personaggio: 007 è la precisa personificazione della più nobile indole britannica, in cui lo spiccato cinismo nasconde gelosamente una commovente emotività e una travolgente passione viene costantemente celata dietro alla compostezza dei modi. A causa dell’assenza di particolari messaggi filosofici, Dr. No è un film fatalmente congelato nel suo contesto storico-culturale, del quale però rappresenta uno splendido affresco audiovisivo.