Sedici anni senza Anna Politkovskaja, la voce libera che dava fastidio

Il 7 ottobre 2006  l’omicidio della giornalista russa, uccisa per i suoi reportage dalla Cecenia e la sua dura opposizione a Putin

Sedici anni fa la giornalista russa, Anna Politkovskaja, veniva assassinata nell’ascensore del palazzo in cui abitava a Mosca. Oggi i suoi libri e i suoi diari vengono letti da milioni di persone per capire “la Russia di Putin”, mentre quell’esecuzione a sangue freddo è ancora avvolta nel mistero.

La giornalista Anna Politkovskaja uccisa a Mosca 16 anni fa – 7

Anna Politkovskaya, nata nel 1958, aveva lavorato per anni alla Novaja Gazeta e vinto nel 2001 un global award di Amnesty International per il giornalismo in difesa dei diritti umani e nel 2003 il premio dell’Osce per il giornalismo e la democrazia. Anna era famosa per i suoi articoli sulla questione cecena e per il suo atteggiamento critico nei confronti della politica di Vladimir Putin sia in Cecenia sia, in generale, sui diritti umani.

Uccisa a sangue freddo per spegnere una voce libera

Quattro colpi di pistola, di cui uno, l’ultimo, sparato dritto alla testa, per non correre rischi, per essere certi di aver portato a termine quello sporco lavoro. Accanto al cadavere venne ritrovata, insieme ai bossoli, la pistola semiautomatica Makarov calibro 9, lasciata apposta lì a terra come una firma, e due buste con generi alimentari. Il 7 ottobre 2006 venne assassinata a sangue freddo Anna Politkovskaya, giornalista nota per i suoi coraggiosi reportage sulla Novaya Gazeta, mentre rientrava a casa dopo aver fatto la spesa. Un omicidio che fu, e continua a essere, una ferita insanabile alla libertà di stampa e di pensiero e a tutti i giornalisti del mondo. Secondo quanto dichiarò il direttore di Novaja Gazeta dopo l’assassinio, la Politkovskaya stava per pubblicare un lungo articolo sulle torture perpetrate dalle forze di sicurezza cecene legate al primo ministro, Ramsay Kadyrov.

Manifestazioni in ricordo della giornalista uccisa – Ansa foto

Un delitto che resta un mistero solo sulla carta

Per 8 lunghi anni, dopo un primo tentativo fallimentare di risolvere il caso, l’esecutore e il mandante di quell’omicidio rimasero avvolti nel mistero. Poi nel 2014 cinque uomini di origine cecena vennero accusati di essere i sicari inviati a mettere a tacere la giornalista. Trovato forse l’esecutore materiale dell’omicidio, ma nessun mandante. Non a caso nel luglio dell’anno scorso, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato la Russia per non avere mai condotto un’inchiesta efficace su chi abbia effettivamente commissionato il delitto. Questo omicidio senza un mandante, che ha spento per sempre una voce contro il governo al potere, viene portato ancora più come esempio dei metodi repressivi utilizzati oggi in Russia, tra giovani mandati a morire, defenestrazioni e intrighi di palazzo per lotte intestine, il metodo più veloce per disfarsi di chi è contro e di chi può rivelare la realtà delle cose. La Politkovskaya era una giornalista scomoda per il potere, una donna, una professionista coraggiosa che ha anteposto la ricerca della verità alla propria sicurezza personale. La sua morte ha avuto un’eco enorme in tutti i Paesi democratici, mentre in Russia, il suo Paese, solo una piccola targa accanto alla porta del palazzo dove viveva e dove è stata uccisa.

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