Secondo il quotidiano di Maurizio Belpietro, tutti sapevano dall’inizio che il siero non fermava la diffusione del virus
C’è il governo da fare e dunque non conviene distrarsi, scrive Maurizio Belpietro su La Verità, perché in gioco ci sono le bollette, gli aiuti alle famiglie e alle aziende in difficoltà, oltre alla strategia per finire una guerra che non abbiamo voluto, ma di cui paghiamo le conseguenze. Tuttavia, pur essendo consapevole di che cosa ci sia in ballo e delle prove che il nuovo esecutivo a breve sarà chiamato ad affrontare, mi permetto di richiamare l’attenzione di tutti i lettori su un’audizione del Parlamento europeo che è passata quasi inosservata. Si tratta della deposizione di Janine Small, presidente dei mercati internazionali della Pfizer, cioè un pezzo grosso del gigante farmaceutico americano. Gli eurodeputati hanno voluto ascoltarla dopo che il suo capo Albert Bourla ha poco cortesemente declinato l’invito a partecipare a una seduta della Commissione parlamentare che indaga sul Covid 19. In pratica, dal signor 25 milioni di dollari – tale è stato il suo stipendio lo scorso anno grazie al vaccino anti-coronavirus – gli onorevoli di stanza a Bruxelles volevano conoscere il contenuto dei negoziati confidenziali intercorsi tra la presidente della commissione Ue e i vertici della multinazionale del farmaco.
In particolare, da Bourla si attendevano la consegna degli sms che lui e Ursula von der Leyen si sono scambiati durante le trattative per la fornitura di un lotto da 1,8 miliardi di dosi vaccinali e che la presidente Ue dice di aver -guarda caso – inavvertitamente cancellato. Vi chiedete perché gli eurodeputati vogliono ficcare il naso nella corrispondenza privata tra il manager multimilionario e la presidente Ue? A causa della secretazione degli atti della maxi-fornitura. Già, il colossale affare gestito dalla Ue è coperto da segreto e dunque l’unico modo per conoscere che cosa sia stato pattuito è scoprirlo tramite i messaggi riservati che il vertice della multinazionale si è scambiato con quello dell’Unione. Però, come detto, il numero uno della Pfizer si è sfilato con una scusa, declinando l’invito a sedersi sulla poltrona scottante in veste di «audito», evidentemente per evitare domande scomode. Dunque, per non dare la sensazione di avere molto da nascondere, Bourla ha mandato una sua sottoposta, appunto Janine Small che, per dirla tutta, è la capa dell’area commerciale di Pfizer e non proprio l’usciere della casa farmaceutica, ma per lo meno non scambia sms con la von der Leyen.
L’ammissione: il vaccino non è mai stato testato come strumento per impedire la trasmissione del virus
Ma, venendo al dunque, che cosa ha detto la top manager? Incalzata da Rob Roos, onorevole olandese che fa parte del gruppo conservatore del parlamento europeo, la vice Bourla si è lasciata sfuggire che il vaccino non è mai stato testato come strumento per impedire la trasmissione del virus. Il deputato, a un certo punto della deposizione, le ha fatto una domanda precisa che non lasciava scappatoie, chiedendole se il siero fosse stato sperimentato, e dunque ritenuto efficace, per fermare la trasmissione del Covid prima della sua immissione sul mercato. La Small, in chiara difficoltà, ha ammesso con un secco no, che nessun test era stato effettuato in tal senso e poi, dopo aver ridacchiato, si è giustificata dicendo che «noi», cioè la Pfizer, «dovevamo muoverci alla velocità della scienza», intendendo forse che la multinazionale del farmaco non poteva andarci troppo per il sottile con le verifiche, perché c’era il vaccino da immettere sul mercato. In pratica, con un solo no, Small ha spazzato via la cosiddetta legislazione d’emergenza adottata da molti governi, primo tra tutti quello italiano, per contenere l’epidemia di coronavirus. Infatti, spiegando che il siero non era stato testato per scoprire l’efficacia contro la diffusione del contagio, la dirigente della multinazionale americana ha implicitamente ammesso che il green pass adottato da alcuni Paesi, e divenuto in Italia strumento senza il quale non si poteva lavorare (e ancora in qualche caso non si può), viaggiare e nemmeno accedere a locali pubblici, non aveva alcuna efficacia, in quanto chi ne era in possesso non era sicuro di «non contagiare», come ebbe a dire in una conferenza stampa il presidente del Consiglio Mario Draghi, e nemmeno di essere tra persone che non si contagiano.
In pratica, il tesserino verde che attestava l’avvenuta vaccinazione non garantiva una cippa, se non di aver offerto il braccio alla patria nell’illusione che questo servisse a evitare la diffusione del virus. Sì, insomma, con due anni di ritardo abbiamo la prova, non solo che i vaccinati potevano infettare proprio come i non vaccinati (cosa che abbiamo scoperto fin da subito sulla nostra pelle), ma che milioni di persone sono state private della libertà di scelta, di lavoro, di libera circolazione – tutte cose sacrosante tutelate dalla Costituzione – sulla base di una bufala. Oggi diremmo che siamo stati vittima di una gigantesca fake news, ma sulla base di questa bugia colossale, avallata da politici, scienziati e istituzioni, si è perpetrato un abuso. Il nostro parlamento si occupa spesso delle discriminazioni delle minoranze. Ma quale discriminazione può essere più grave della privazione di tutti i diritti – lavoro, vita sociale, uso dei mezzi pubblici – sulla base di un presupposto oggettivamente falso? Chi non si è vaccinato è stato trattato alla stregua di un untore e intorno a lui è stato steso un cordone sanitario che lo ha isolato e lasciato in qualche caso senza i mezzi di sostentamento. Ma il comportamento del governo e delle istituzioni non aveva e non ha alcuna giustificazione. Milioni di italiani sono stati messi all’indice e alla gogna senza motivo, perché l’untore poteva essere chiunque fosse entrato in contatto con il virus. Non c’era alcuna immunità di gregge da costituire, perché questa – come abbiamo appreso in seguito – non si poteva raggiungere. Dunque, qualcuno si è arrogato il potere di trattare gli italiani come un gregge, costringendoli a vaccinarsi e a vaccinare i loro figli, con l’uso della forza e della bugia. Oggi, quello che molti di noi avevano compreso, è messo agli atti in un’audizione parlamentare. Ciò che manca, sono le scuse di chi ha imposto certe decisioni e la revoca dei provvedimenti di sospensione di chi non si è vaccinato.