Governo Meloni, il piano B di Giorgia: ministri non concordati

Ricevuto l’incarico la leader di FdI potrebbe presentarsi al Quirinale con una lista blindata. Non vuole più trattare con Berlusconi

Nonostante le fibrillazioni di questi giorni, che fanno pensare a una rottura nella maggioranza prima ancora che il governo sia nato, credo, scrive Maurizio Belpietro su La Verità, che alla fine l’esecutivo di centrodestra vedrà la luce. Lo so che a distanza di meno di un mese dal voto, l’equilibrio su cui si regge il patto fra alleati pare già a rischio, ma penso che alla fine non succederà nulla. Posso sbagliarmi, ma ritengo che Giorgia Meloni tirerà diritto, ignorando le polemiche e anche qualche recriminazione, per arrivare al dunque e cioè a consegnare la lista di ministri nelle mani del capo dello Stato per poi passare al giuramento. Tuttavia, a prescindere da come andranno le cose, voglio spendere qualche parola su ciò che è accaduto nei giorni passati. Conosco Silvio Berlusconi da quasi trent’ anni, ossia da quando insieme a Vittorio Feltri varcai la soglia del Giornale, divenendone prima il vicedirettore vicario e poi, tre anni più tardi, il direttore, incarico che ho mantenuto fino al 2007. Per oltre un quarto di secolo, dunque, ho avuto il privilegio di osservare da vicino la «carriera» politica del Cavaliere. Dalla sua discesa in campo alla sconfitta del 1996, dalla sua resurrezione del 2001 fino alla seconda sconfitta del 2006, da cui si riprese rivincendo nel 2008, per poi dimettersi infine nel 2011.

La leader
La presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni (Ansa)

Non ricordo quante volte fu dato politicamente per morto: di certo, quando lasciò il posto a Mario Monti e anche quando fu cacciato dal Senato per effetto della condanna Mediaset. Tuttavia, ogni volta, anche quando la batosta sembrava definitiva, il Cavaliere è sempre riuscito a rialzarsi, tanto da essere considerato una specie di Ercolino sempre in piedi, il pupazzo gonfiabile della Galbani. Più lo mandavi giù e più si tirava su: espulso da Palazzo Madama, rispuntava dopo pochi mesi a Largo del Nazareno, riabilitato dal Rottamatore, pronto con lui a stringere un patto per le riforme. E alle ultime politiche, quando i soliti ben informati davano il suo partito fra il 4 e il 5%, scavalcato dal terzo polo di Calenda e Renzi, eccolo strappare l’8 e confermare il personale bacino elettorale. Se rammento brevemente gli ultimi trent’ anni di Berlusconi non è perché penso che qualcuno si sia dimenticato che cosa il fondatore di Forza Italia abbia rappresentato per la storia politica di questo Paese, ma per dire che sono stato in qualche modo testimone di successi e rovesci del Cavaliere e spesso mi è capitato di raccoglierne gli sfoghi e anche le confidenze. Ebbene, pur avendo seguito ogni sua evoluzione ed essere stato a pochi passi da lui in alcuni momenti decisivi, come quando annunciò l’intenzione di dimettersi da presidente del Consiglio a seguito della tempesta contro i titoli del debito pubblico, ora non lo capisco.

Si è alzato tante volte, ma stavolta non condivido quando sta facendo il Cav

Il Cavaliere
Il presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi (Ansa)

Non sempre condividendo le sue scelte, per anni ho inteso quale fosse il suo disegno e, spesso, quale fosse il suo personale azzardo. Questa volta no. Da giorni non riesco a comprendere quale sia il suo obiettivo e quali i vantaggi che egli intenda trarre insistendo su una linea che potrebbe mettere a repentaglio la nascita stessa del governo di centrodestra. Gli elettori che hanno votato in massa Giorgia Meloni, e insieme a lei Berlusconi e Salvini, desiderano un governo che finalmente restituisca al Paese stabilità e benessere. Un esecutivo che non sia ostaggio dei 5 stelle, del Pd e della sinistra estrema, e dunque non finanzi con un sussidio chi non ha voglia di lavorare e non spalanchi le porte all’immigrazione. Gli italiani che hanno scelto la coalizione di centrodestra vogliono una maggioranza che affronti il tema delle bollette e della crisi energetica senza le ideologie verdi che bloccano ogni progetto.

Nessuno ha votato per avere Licia Ronzulli alla Sanità, Maria Elisabetta Casellati alla Giustizia o qualche altro esponente di Forza Italia al Mise, né per mettere in dubbio la collocazione del Paese nel bel mezzo di una crisi internazionale. Ma tutti gli elettori del centrodestra hanno messo la crocetta su un progetto di governo autorevole ed efficiente. Dunque, che senso ha oggi far vacillare l’alleanza per un nome o per un ministero? Capisco i motivi d’orgoglio di un uomo che negli ultimi 25 anni è stato il perno della coalizione, ma se Berlusconi sabotasse la nascita del nuovo esecutivo, che vantaggio ne avrebbe? Io penso nessuno. Anzi, credo che da un fallimento del tentativo di Giorgia Meloni di formare un governo, il Cavaliere abbia tutto da perdere. Infatti, se a causa delle tensioni nella maggioranza la leader di Fratelli d’Italia fosse costretta a gettare la spugna prima ancora di cominciare, Forza Italia di sicuro non otterrebbe per un suo uomo o una sua donna né il ministero della Salute né quello della Giustizia. C’è infatti qualcuno disposto a credere che un esecutivo di unità nazionale, con dentro tutti come in un’ammucchiata, acconsentirebbe a dare a Berlusconi ciò che Meloni non gli vuole concedere? Oppure si può pensare che se si tornasse alle elezioni, l’ex presidente del Consiglio potrebbe ottenere un risultato che gli consentirebbe di ottenere ciò che vuole? In entrambi i casi la risposta logica è no.

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