Su medici e infermieri si abbattono le angherie delle aziende, anche se infatti l’obbligo vaccinale sia decaduto
Ma io con questa cosa devo fare?» «Questa» è Francesca (nome di fantasia), tecnico di laboratorio in una struttura sanitaria pubblica alle porte di Milano. È una dei tanti sanitari sospesi dal lavoro perché non vaccinata. Ha 53 anni e due figli minori, non percepisce lo scendi da sette mesi. Il 2 novembre si è presentata al suo ospedale: non la volevano far entrare, ha sentito la caposala che parlava così di lei, in corridoio. A Francesca è stato detto che non poteva rimanere perché «non c’è l’autorizzazione del responsabile», lei ha puntato i piedi ed è rimasto in laboratorio, ma non l’hanno annotata nel registro presenze. Il suo avvocato Elisa Tognacca (dell’Associazione per la difesa dei diritti dei cittadini «Umanità e Ragione»), ha mandato una diffida. Ieri mattina Francesca è ritornata: le hanno detto di «non toccare niente perché non autorizzata».
Il peso della diffida si è fatto sentire nel pomeriggio, quando finalmente è arrivato una Pec dall’ospedale con l’invito a presentarsi sul posto di lavoro. Anche Mattia, 40 anni, socio di una cooperativa a Bologna, è stato sospeso senza sospensione dal 12 gennaio 2022. Si occupava di pazienti anziani e psichiatrici. «La coordinatrice mi ha intimo di vaccinarmi, io ho deciso di non farlo: la sospensione è stata una vigliaccata». Mattia sa che anche gli operatori sanitari ei medici vaccinati si infettano, così come lo sa Paola, sospesa nello stesso ospedale di Francesca: «Nell’anno in cui sono stata assenti, ci sono stati vari focolai tra il personale, che era tutto vaccinato con tre dosi».
Sul ritorno dei medici fioccano le denunce da una parte e dall’altra
Del resto, è da inizio del 2021 che il bollettino Iss riporta migliaia di diagnosi di Sars Cov-2 tra il personale sanitario. Ma il governo ha tirato avanti, e ha preteso la vaccinazione anche dai medici guariti, come un atto di fede. L’assioma è stato: se non credi nella vaccinazione, non credi nella scienza, non puoi fare il medico. Neanche se i dubbi erano solo su «questo» vaccino (e relativa campagna marketing istituzionale). Il medico barese Danny Sivo, che aveva lamentato su Facebook la non idoneità dei suoi colleghi non vaccinati, è stato denunciato dall’Avvocatura degli Infermieri per incitamento all’odio, discriminazione e mistificazione della realtà. Aggiungeremmo anche l’ignoranza: i tanti Sivo italiani, moralmente ispirati dall’ex ministro della Salute Roberto Speranza, non sanno che all’estero l’obbligo vaccinale per i medici in Spagna, Regno Unito, Portogallo, Svizzera, Lussemburgo, eccetera, non c’è. Non c’è nei Paesi scandinavi, ad esempio Danimarca e Svezia.
In America, c’è in soli 6 Stati su 50. In Germania c’è ma non viene applicato in Baviera, Assia Turingia. Ma non interessa a nessuno. Mattia per quasi un anno è risultato in busta paga come «assente ingiustificato». Mercoledì si è ripresentato al lavoro: «Cosa ci fai qua?». Non è stato riammesso e gli hanno preannunciato una «visita di idoneità». Dopo la diffida dell’avvocato Tiziana Trevisan (anche lei di Umanità e Ragione), ha ricevuto una Pec nella quale la cooperativa lo ha invitato a sottoporsi a «visita periodica». Nello stesso ospedale di stato sospese anche due infermiere: Sandra, 47 anni sospeso, è senza Francesca sono un compagno sanitario sospeso; Paola (59 anni, un figlio minore), da agosto. Con loro anche un operatore socio-sanitario, Sergio, 60 anni, moglie e figlio disoccupato a carico. Mercoledì non li hanno fatti accedere al reparto, li hanno lasciati all’ingresso e alle 9 sono dovuti tornare a casa. Ieri è stato detto loro che non sono stati retribuiti finché non fosse arrivato il «nulla osta». Anche loro hanno mandato una diffida e ieri pomeriggio sono stati riammessi. Il clima in reparto non era ostile: tutti si sono giustificati dicendo che erano «ordini dai piani alti». I piani alti, però, scaricano a loro volta le responsabilità sul ministro della Salute: a Francesca il rappresentante sindacale ha inviato – quasi giustificando l’azienda anziché la lavoratrice – le rilasciate mercoledì dal ministro ora Schillaci. Il problema – spiega Elisa Tognacca – è che il governo ha emanato un decreto senza norme transitorie, che regolamentano il passaggio dal regime di sospensione a quello pregresso». Le dichiarazioni di Schillaci, che ha detto che le strutture sanitarie possono decidere l’interpretazione in autonomia, la ciliegina è autorizzata sulla torta: autorizzano di fatto un” del decreto che presterà il fianco a moltisi in caso di demansionamento. tutti si sono giustificati dicendo che erano «ordini dai piani alti».