Dopo l’errore sul gol di Bernardeschi, l’ex portiere del Cagliari ha analizzato i problemi dell’attuale numero uno del club sardo: “Ha dei limiti dal punto di vista fisico che altri non hanno”.
Altro errore, altre critiche. Il Cagliari scivola sempre più giù in classifica, colpa dei troppi gol presi. Tra i primi responsabili c’è Alessio Cragno. A differenza della passate stagioni, in cui era sempre stato un fattore in positivo, l’estremo difensore rossoblù e della Nazionale sta attraversando un momento particolarmente difficile della sua carriera.
La posizione in classifica della squadra non aiuta. Dopo il pareggio del Genoa con l’Atalanta, infatti, il Cagliari è da solo al penultimo posto della classifica. Appena 10 i punti raccolti quest’anno (1 vittoria, 7 pareggi e 11 sconfitte), appena due in più della Salernitana fanalino di coda della Serie A.
Ielpo e il momento non facile di Cragno
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Più ombre che luci nella stagione di Cragno. In passato il 27enne nato a Fiesole si era fatto apprezzare da allenatori e addetti ai lavori, tanto da guadagnarsi nel 2018 la convocazione in Nazionale sotto la guida di Mancini. Eppure in questo campionato stanno venendo a galla alcuni limiti, come evidenziato da Mario Ielpo, intervenuto in esclusiva ai microfoni di Notizie.com. L’ex portiere di Cagliari e Milan ha analizzato la situazione riguardante il numero uno rossoblù: “È un ottimo portiere, non va oltre questa categoria. Non può essere considerato un fenomeno, ha qualche limite nel coprire tutta la porta. Oltre una certa distanza da dove si trova, non riesce a fare la parata. Non è molto alto e a differenza di altri portieri non ha neanche arti molto lunghi. Peruzzi ad esempio non era alto, ma aveva un braccio che copriva tutta la porta“.
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Il rendimento del Cagliari e soprattutto della difesa non hanno aiutato. “Lui ha sempre giocato bene – continua Ielpo – è un portiere di affidamento. Però quando le cose si complicano è difficile. Non è un problema suo, ma di squadra. Dalla gestione Di Francesco si pensava di poter portare a Cagliari il calcio spettacolo, modello Sassuolo, invece sono sempre invischiati nella lotta retrocessione. Lo scorso anno si sono salvati per miracolo. Per un portiere è doppiamente difficile, tutte le responsabilità sono amplificate. Quando parti con il fardello di doverti salvare, è sempre difficile l’approccio alla partita, gli errori poi amplificano tutto“.
Il malumore della piazza, poi, mette il carico da undici sulla sua condizione psicologica. “Cagliari è sempre stato un ambiente tranquillo – dice l’ex portiere – dove tutto è reso più leggero. Adesso però anche lì si sono rotti le scatole. Anche se non sono mai retrocesso in carriera, a me è capitato di essere in fondo alla classifica. Eppure i tifosi ci applaudivano comunque. Quando invece ti iniziano a fischiare diventa difficile. Ne so qualcosa io, che da ragazzino alla Lazio fui costretto a giocare perché in Serie B eravamo ultimi e i tifosi erano avvelenati. Giocavamo noi perché i titolari non potevano entrare in campo“.