Il Pd De Luca: «Ritirare subito il disegno di legge». Il meloniano Rampelli prova a rallentare l’iter. Calderoli: «Aperto a modifiche, ma voglio lealtà»
Un progetto tanto caro alla Lega, ovvero quello di accelerare ‘autonomia delle Regioni. Un tasto sul quale il Carroccio si batte da anni. Il Sud malato di centralismo, scrive il quotidiano Libero, prova ad organizzarsi per affondare la riforma sull’Autonomia differenziata. Come un ostaggio in preda alla sindrome di Stoccolma, c’è una parte d’Italia che proprio non vuol sentir parlare di maggiori poteri per le Regioni, forse perché questo implicherebbe anche maggiori responsabilità. È bastato che il ministro Roberto Calderoli portasse al tavolo della Stato-Regioni una prima bozza di riforma per scatenare la voglia di barricate di gran parte delle regioni del centro-sud e anche di una parte di Fratelli d’Italia che, pur senza dirlo apertamente, ha già fatto capire di voler pigiare forte sul pedale del freno. Alla riunione dell’altro ieri i più scatenati erano i governatori di Campania, Puglia, Calabria, Lazio, Molise e Basilicata.
Il capopopolo, ovviamente, è il campano Vincenzo De Luca, al quale – dopo aver perso il palcoscenico del Covid – non è parso vero di avere un nuovo pretesto per rinfrescare lo spettacolo, definendo la bozza di Calderoli «un provvedimento che genera caos e spacca in due il Paese. Il governo ritiri il decreto». E a Calderoli che gli replica «se non l’ho presentato, come faccio a ritirarlo…», ribatte con un “elegantissimo”: «Il mio è un aiuto amichevole al ministro, un modo per non fargli perdere tempo a vuoto». Poco importa a De Luca e agli altri barricadieri se Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Piemonte e Toscana, quella riforma la chiedono a gran voce. Roberto Calderoli da abile tessitore qual è non cade nella trappola e con una nota rilancia: «Quello che ho messo sul tavolo è una bozza di lavoro per iniziare a confrontarci e a lavorare: auspico che la versione definitiva di questo testo possa essere scritta con il contributo di tutte le Regioni, perché questa è una bozza aperta a ogni tipo di contributo, ma a condizione– chiude Calderoli – che ci sia una leale collaborazione reciproca da una parte e dall’altra».
“L’Autonomia dovrà andare di pari passo con il presidenzialismo”
Ad agitare la maggioranza di governo, però, non ci sono solo le regioni. In una dichiarazione rilasciata al Fatto Quotidiano, il meloniano Fabio Rampelli dice: «L’Autonomia dovrà andare di pari passo con il presidenzialismo» e ancora «non ci possono essere regioni di serie A e di serie B». Il riferimento è alla norma contenuta nella bozza-Calderoli che fissa in un anno il tempo che il governo avrà per fissare i Lep – Livelli essenziali di prestazioni – ai quali tutte le Regioni dovranno attenersi. Passati 365 giorni le regioni sarebbero libere di prendersi le autonomie. Un’eventualità che non piace agli esponenti di FdI e delle regioni del Sud.
Di parere diverso Stefano Bruno Galli, assessore all’Autonomia di Regione Lombardia: «Condivido fino in fondo la bozza presentata da Calderoli– spiega a Libero -. Si tratta di un importante passo avanti rispetto alle proposte di Boccia e Gelmini. Il ministro ha capito che non serve una legge quadro, ma una che attui l’articolo 116 terzo comma della Costituzione». E sui Lep attacca: «L’inadempienza è tutta romana. Quei parametri li stiamo aspettando da dodici anni, se non metti un limite temporale, stiamo qui ancora 12 anni e poi altri 12 e via all’infinito». Infine Galli punta il dito contro l’atteggiamento che lo Stato ha avuto negli anni passati: «Sempre in temi di parametri, i governi hanno inteso il controllo sulle spese solo da un punto di vista quantitativo e non qualitativo. Ad esempio quando hanno commissariato la sanità calabra, lo hanno fatto guardando ai conti, ma non alla qualità dei servizi offerti ai cittadini. Per questo sono favorevole a dare un termine alle attese