Parla la ragazza di Domodossola che ha subito diversi interventi al cuore e che dedica la sua vita a mettersi a disposizione per i meno fortunati
Avevo promesso a me stessa: se andrà tutto bene, farò qualcosa per aiutare gli altri», dice sorridente Cristina Zambonini, 35 anni. Nata a Domodossola, studi di Interior design al Politecnico di Milano e all’Università di Singapore, una vita caratterizzata da grande forza e intenso coraggio. Sì, perché Cristina è da tutti chiamata «la ragazza con tre cuori», si legge su Il Messaggero: uno è quello con cui è nata; gli altri due le sono stati trapiantati, a distanza di dieci anni, prima quando era una ragazza, l’altro da trentenne che ha affrontato per la seconda volta una esperienza estremamente difficile. E il presidente Sergio Mattarella, un anno fa, ha anche voluto premiarla per il suo impegno a favore degli altri. Aveva raccontato: «Ho appreso, con non poco stupore, di aver ricevuto l’Onorificenza al Merito della Repubblica Italiana. Dopo essermi accertata che fosse vero, ancora incredula, mi sono detta: Io, davvero?! ma è pazzesco».
La ragione di questo riconoscimento porta a quella promessa che ripeté a se stessa, «se va tutto bene, farò qualcosa per aiutare gli altri». Ha fondato l’associazione Cuori 3.0, che fu creata per la «volontà di 7 ragazze: Cristina, 2 volte cardio-trapiantata, e le sue amiche più care, per dare supporto a chi si trova nella stessa situazione, partendo dalla propria esperienza personale». Obiettivi: sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della donazione; aiutare le relazioni tra il paziente e le strutture; «raccogliere fondi per acquistare materiali e servizi per sostenere l’attività dei centri trapianto».
Cristina e il rapporto con la malattia
Cristina, la ragazza con tre cuori, parla di «un approccio leggero, ironico, a volte persino dissacrante della malattia, perché con il sorriso e la speranza anche le prove più ardue fanno meno paura». Ecco, le prove più ardue. Il suo racconto: «Mi sono ammalata di cuore a 20 anni: mi sono svegliata una mattina e non respiravo più. All’ospedale di Domodossola mi hanno diagnosticato una cardiopatia dilatativa fulminante. Hanno provato a curarmi per un mese, poi era evidente che non fosse possibile fare nulla, e ho aspettato poco più di un mese da quando mi hanno messo in lista ed è arrivato il mio primo cuore donato. Era il 9 aprile 2006, all’ospedale Papà Giovanni di Bergamo».
Ma non è stato l’ultimo ostacolo per Cristina. Dieci anni dopo, ricompaiono i sintomi, le diagnosticano un rigetto cronico. «Hanno provato con cure sperimentali per un anno e poi a gennaio 2017 sono rientrata in lista per il secondo trapianto. Con pochissime probabilità di trovare un organo idoneo». Intervistata dal programma di Raitre, Nuovi Eroi, che in collaborazione con il Quirinale racconta la storia di italiani insigniti con l’Ordine al Merito della Repubblica italiana, ha spiegato: «Chiesi ai medici quante probabilità c’erano, mi dissero che era come trovare un ago in un pagliaio». E invece il nuovo cuore è arrivato. In extremis. «A poche ore di distanza dal momento in cui mi avrebbero dovuto mettere in una sorta di coma farmacologico. Sono al terzo cuore della mia vita». E ha mantenuto la promessa di aiutare anche gli altri.