Il tribunale di Milano ha riconosciuto che le continue telefonate nella notte avrebbero causato ansia e stress all’intera famiglia della vittima
Tre anni di telefonate anonime nel cuore della notte che svegliavano l’intera famiglia che era costretta a riceverle sono costate una condanna per lesioni personali dolose e un’importante somma per risarcimento danni a una donna nei confronti di una collega di lavoro.
Una denuncia ha portato all’apertura di un’indagine, e dunque all’analisi dei tabulati telefonici che hanno condotto così gli inquirenti a individuare il responsabile di questo stalkeraggio telefonico notturno, motivato soltanto dall’antipatia personale sul posto di lavoro.
Antipatia lavorativa
Per tre anni, dal 2006 al 2009, di notte, avrebbe deciso di rovinare il riposo e quindi la vita di una collega di lavoro di Milano, con telefonate anonime e pernacchie ripetute e continue. Dopo la denuncia che ha portato all’apertura di un’indagine, sono bastati però i tabulati telefonici per far risalire al responsabile del continue molestie telefoniche. Ora il tribunale civile di Milano si è definitamente pronunciato condannando una donna al pagamento di 41mila euro di risarcimento danni per aver causato notti di ansia e fonti di stress per l’intera famiglia della collega di lavoro. “Avevo un’antipatia per piccole incomprensioni lavorative”, ha raccontato al giudice la donna condannata anche per lesioni personali dolose.
Tre anni di telefonate anonime
La donna ha confessato di aver telefonato da febbraio 2006 a settembre 2009 in più occasioni nel cuore della notte a casa della collega, “Avendo il suo numero di casa, ho iniziato a fare telefonate anonime, sia di giorno che di notte, riattaccando dopo che alzavano la cornetta. Con l’andare del tempo ho fatto anche delle pernacchie”, ha dichiarato la stalker che ha cercato comunque di discolparsi ammettendo di non aver capito la gravità dei suoi comportamenti e ricordando che la famiglia avrebbe sempre potuto staccare il telefono per non essere più disturbata. Ovviamente la sua giustificazione non ha convinto, però, il giudice della decima sezione civile di Milano che ha invece stabilito il risarcimento danni. 15 mila euro erano stati già quantificati nella sentenza di secondo grado penale, altri 8.610 li ha decisi proprio il giudice nei confronti di ciascuno dei tre componenti della famiglia.