Alla diocesi di Spoleto-Norcia prima dell’addio del commissario assegnati fondi record rispetto alle altre danneggiate dal sisma
Ma come mai un presule, un uomo della Chiesa, alla notizia della sostituzione del commissario alla ricostruzione post sisma si è messo a sparare a palle incatenate contro il governo, perfino con un linguaggio poco sorvegliato, con toni più da politico che da pastore di anime? Dal punto di vista di un prelato, infatti, poco o nulla sarebbe dovuto cambiare con il normale avvicendamento tra il vecchio commissario vicino al Pd, Giovanni Legnini, e il suo successore, il senatore di Fdi Guido Castelli. Anzi: a ben vedere, il fatto che il nuovo governo guidato da Giorgia Meloni abbia incaricato una figura politica stimata come Castelli, già sindaco di Ascoli Piceno, e poi assessore regionale nelle Marche, tra le cui deleghe (oltre a quelle a Bilancio, Finanze e Aree industriali) c’era proprio quella alla ricostruzione, avrebbe dovuto rappresentare per tutti – e anche per un autorevole esponente ecclesiastico – una garanzia e un motivo di fiducia.
La scelta è infatti ricaduta su una persona notoriamente onesta, competente, informata sui fatti. E invece? E invece il 3 gennaio scorso, con una singolarissima dichiarazione all’Ansa, il vescovo della diocesi Spoleto-Norcia, monsignor Renato Boccardo, ha urlato il suo dissenso: «La non riconferma di Giovanni Legnini alla guida della struttura commissariale per la ricostruzione post sisma è uno schiaffo alle popolazioni terremotate». Avete letto bene: nientemeno che uno «schiaffo» ai terremotati. E ancora: «Non ho nulla contro il nuovo commissario, che per altro non conosco, ma credo che l’operazione sia figlia di una politica scellerata e di basso livello che passa sopra le teste della gente».
“Il governo ci spieghi il senso di questo avvicendamento”
Evidentemente, più di due anni prima, la nomina di Legnini, a febbraio del 2020 (un anno dopo essere stato trombato come candidato governatore del Pd in Abruzzo, nonché dopo essere stato vicepresidente del Csm per scelta della sinistra, e ancor prima sottosegretario nei governi di Enrico Letta e Matteo Renzi), non aveva avuto alcuna genesi o parentela politica, ad avviso del vescovo. E così monsignor Boccardo, ai microfoni dell’Ansa, è un fiume in piena, e non contiene la sua indignazione: «Il governo ci spieghi il senso di questo avvicendamento, visti i risultati ottenuti in questi anni dal commissario Legnini. Legnini ha dimostrato di essere persona seria e capace. La sua sostituzione offende le differenze dei cittadini». L’ultima frase è un po’ involuta, ma si capisce che, dopo lo «schiaffo», i cittadini avrebbero ricevuto pure un’«offesa».
Ora, lungi da noi confondere il post hoc con il propter hoc, una correlazione logica e cronologica con uno stringente nesso di causalità, ma, esaminando le ultime decisioni assunte da Legnini, ci si può per lo meno fare un’idea di cosa abbia potuto forse contribuire alla reazione nervosa del vescovo di Spoleto-Norcia. Dunque, quando già Legnini sapeva di essere in articulo mortis come capo della struttura commissariale, si è affrettato a varare, il 30 dicembre scorso (per capirci: quattro giorni prima della sparata di monsignor Boccardo), un’ordinanza relativa agli edifici di culto. Giova qui precisare quanto è ovvio: anche gli edifici di culto sono stati danneggiati dal sisma, ed è sacrosanto il contributo della mano pubblica alla relativa ricostruzione e messa in sicurezza.