L’intervista inedita di uno dei più grandi geni italiani del Novecento, in cui svela alcuni degli aneddoti più significativi di quelli che furono i passaggi che lo resero una vera e propria icona della musica internazionale, insuperabile ancora oggi.
“Io ho cominciato suonando la tromba, e così ho cominciato a fare gli arrangiamenti per la radio. Poi mentre facevo gli arrangiamenti per la radio li ho fatti per la televisione. Poi dopo la televisione mi hanno chiamato per i film, poi ho cominciato, l’avevo lasciata, a scrivere la musica cosiddetta assoluta, non la scrivevo da anni. È questa la storia della mia vita“.
Il grande compositore musicale Ennio Morricone è scomparso nel 2020, ma ancora oggi la sua figura e le sue parole continuano ad alimentare i sogni e le speranze dei tanti che hanno vissuto altri mondi attraverso le sue melodie, e ne hanno immaginati altrettanti.
Un’intervista rilasciata a Walter Veltroni è stata pubblicata dal Corriere della Sera, e in questa il genio Morricone ripercorreva numerosi momenti importanti della sua esistenza e della sua carriera professionale, dal primo western a uno degli scontri più duri avuti con il regista Franco Zeffirelli, che voleva inserire la musica di un americano in un film di cui aveva firmato la colonna sonora.
La conversazione risale a otto anni fa, e tutto nacque nell’ambito di una conversazione prevista per un programma di Rai Tre sulla storia della Rca. “Fu una giornata bellissima“, ricorda Veltroni introducendo il dialogo, e spiegando che “l’atmosfera di quelle ore, nella sua casa, l’ho ritrovata nel meraviglioso film che Giuseppe Tornatore, suo amico vero, gli ha dedicato con tanto amore. L’amore che Ennio meritava”.
Gli esordi nel mondo della musica
Alla domanda su quale introduzione musicale ricordasse con particolare nostalgia, Morricone spiazzò rispondendo: “Abbronzatissima di Vianello”. Particolarmente intenso fu anche il suo rapporto con Gianni Morandi. “Gianni era ancora piccolino, aveva sedici anni. Fu affidato a me e io ho cominciato gli arrangiamenti per lui con molta timidezza”, racconta Morricone. Pensando a un altro brano epocale della musica leggera italiana, “Sapore di sale” di Gino Paoli, i ricordi continuano ad affiorare come un flusso di coscienza. “Scrissi un arrangiamento molto semplice, anche banale, ma rispondente al tono del pezzo e al clima di quegli anni. Fece effetto e forse aiutò il successo meritato di Gino Paoli”.
Pensando invece alla sua personale classifica delle canzoni italiane più belle, Morandi non ha dubbi. “Mi piace molto quella di Endrigo “Io che amo solo te” e quella di Paoli “Senza fine”: due pezzi molto importanti. Non posso dimenticare certamente il grande successo di Modugno a Sanremo col suo “Volare”. Quando ascoltai quel pezzo, non a Sanremo, a casa, mi sembrò che si fosse aperta una porta importantissima nel mondo della canzone”.
L’epoca del cinema e la sua firma che lo cambiò per sempre
Poi però arrivò l’epoca dei film, che rese il genio di Morricone qualcosa di straordinario e riconosciuto come tale a livello internazionale. “Il lavoro nel cinema è divertente, ma difficile. Molti registi, non Giuseppe Tornatore che ha una vasta conoscenza, mi chiedevano di scrivere musiche per i loro film, ma non avevano la cultura musicale per capire e quindi io finivo con lo scontrarmi. Perché il problema del compositore del cinema è quello di essere trino: per il pubblico, per il regista che deve capire per primo, e poi per la dignità di sé stessi: non puoi fare cose che non ti piacciono”.
A quel punto arrivò l’incontro con Sergio Leone, suo vecchio compagno delle elementari. “Mi chiamò perché aveva sentito le musiche di due miei film, un western italiano di Caiano e un altro spagnolo. Mi chiese di fare la colonna sonora per ‘Per un pugno di dollari’. Misi il fischio, il marranzano, la frusta, l’incudine e tanti altri suoni. In ‘Un pugno di dollari’ ci fu un problema quando in moviola il montatore, nel duello finale tra Volonté e Clint Eastwood, collocò un pezzo di tromba tratto da un film americano. Io dissi ‘Sergio, ti piace questa musica?’. ‘Sì, ci sta bene’. ‘Allora non faccio il film perché, se sulla scena madre del film, io devo rinunciare al pezzo più importante, io non lo faccio’“. Una discussione a dir poco epocale.
Che proseguì in maniera franca: “Sergio mi disse ‘Allora fa quello che ti pare, però la tromba deve suonare’. ‘Va bene, la tromba deve suonare’. Presi un pezzo che avevo scritto molti anni prima per la televisione, per i ‘Drammi marini’ di O’Neill, e lo misi nel film di Sergio. Il pezzo andò bene, piacque a Leone. Lui fu soddisfatto, ma era convinto che avessi copiato. Tanti anni dopo gli dissi: ‘Guarda che ho preso un pezzo che avevo scritto anni prima’. ‘Che cavolo dici!’. Sergio mi disse ‘Per favore, fammi ascoltare sempre i pezzi che non hai usato o che hanno scartato gli altri registi. Fammi sentire gli scarti. Perché tanto i registi non capiscono niente di musica’“.
L’amicizia con Sergio Leone e lo scontro con Zeffirelli
Una vicenda analoga capitò con Zeffirelli. “Fu divertente. Andai in America per fare questo film e parlai con Zeffirelli. Sono stato otto giorni a scrivere perché lui tardò all’appuntamento, in albergo composi un pezzo. Quando arrivò, gli feci sentire quello che avevo scritto, gli piacque molto e ci mettemmo al montaggio. Però arrivato in moviola ad analizzare il brano, disse: ‘Qua ci mettiamo un pezzo di un cantante americano’. ‘Scusa, la musica del film è mia, non ci sto’. Vado dal produttore e dico che rinuncio. Avevo firmato il contratto e gli diedi indietro anche i soldi. La melodia che avevo scritto per quel film era il ‘Tema di Deborah’ che Sergio Leone ha usato in ‘C’era una volta in America'”.
Infine, immancabile il passaggio sul fischio usato nell’iconica colonna sonora di uno dei più grandi successi di Sergio Leone. “Non ricordo se l’idea del fischio fu mia o di Sergio. Forse mi suggerì ‘Il tema fallo fare al fischio’. Il fischiatore fu Alessandroni che fischiava benissimo. Anche in ‘Per qualche dollaro in più’. Abbiamo continuato su quella linea, mi sono imitato nella ricerca di quegli strumenti strani, però la musica finiva col rassomigliarsi. Per ‘Il buono, il brutto, il cattivo’ Sergio mi disse ‘Continua così’. ‘Scusa Sergio, ma non si può andare avanti così per tutta la vita, bisogna cambiare’. Mi disse: ‘Fai un po’ te’. Quel film secondo me è il più bello che lui abbia fatto. Io cambiai un po’ e, insomma, la musica di quel film è al secondo posto nella classifica americana della musica da film del Novecento. Al primo c’è quella di Williams per ‘Guerre Stellari’“.