L’attaccante della Repubblica Ceca si racconta in un’intervista tra aneddoti e rimpianti per i tanti infortuni subiti in carriera che gli hanno impedito di spiccare il grande salto
Libor Kozac è il classico centravanti di una volta, il numero nove d’area di rigore in grado di fare a sportellate con le difese avversarie per difendere il pallone e aprire gli spazi giusti per i compagni. A 19 anni approda a sorpresa in Italia, alla Lazio, e si ritrova, da centravanti di una squadra di seconda divisione del campionato ceco, alla ribalta della Serie A italiana. Come in una favola, che poi però non ha avuto il lieto fine.
Oggi a 34 anni, dopo aver girovagato per l’Europa, essersi tolto la soddisfazione di alzare qualche trofeo (2 Coppe Italia con la Lazio e una Coppa della repubblica Ceca con lo Sparta Praga), essersi laureato capocannoniere nella stagione 2012-13 con 8 gol dell‘Europa League e della Liga in Repubblica Ceca nel 2019-20 con 14 gol, ha chiuso il cerchio di una carriera purtroppo bersagliata dagli infortuni, tornando a casa per giocare con FC Slovacko.
Mi ritorni in mente
Non deve essere stato per niente facile arrivare in un grande club come la Lazio, in una grande città come Roma e in un campionato importante come la Serie A italiana, ma Libor Kozac ha saputo ritagliarsi il suo spazio e ora può soltanto ricordare con gioia quell’inizio comunque complicato. “La mia prima partita da titolare con la Lazio coincise con l’ultima della carriera di Pavel Nedved. Non riesco a descrivere ciò che provai nel vedere Pavel accanto a me. Capii che tutto era possibile. Quel giorno abbiamo perso 0-2 a Torino, ma credevo di aver fatto bene. Il mister Delio Rossi invece aveva un’opinione diversa. Mi ero mangiato un gol per supponenza davanti al grande Gigi Buffon e non me la perdonò tanto facilmente!
Inizia così il suo racconto per Cronache di Spogliatoio su quegli anni con la maglia della Lazio, dove Libor si ritrovò nel calcio vero. “Il mio arrivo alla Lazio stava per sfumare, c’erano state delle complicazioni e io avevo un aereo da prendere per tornare in Repubblica Ceca. Improvvisamente trovarono l’accordo, ma non c’era tempo per rientrare. Così firmai sul cofano di una macchina lì parcheggiata. Fu una situazione particolare, oggi se ci ripenso ci rido su”. Alla fine ha avuto una carriera importante, ma quando gli parli di Lazio gli si illuminano gli occhi e gli scappa un sorriso sincero: “Sono stati gli anni più belli della mia vita. Ci sono tanti momenti che porto nel cuore, dalla Coppa Italia vinta nel 2014 a quell’Europa League in cui ogni pallone che toccavo lo buttavo dentro. Nelle Coppe avevo più spazio e più fiducia, sapevo che era la mia occasione e dovevo sfruttarla. Se ci ripenso adesso mi viene ancora la pelle d’oca”.
Il primo gol non si scorda mai
In carriera ne ha fatti tanti di gol, proprio grazie a quel suo modo di giocare, centravanti d’aerea di rigore, si diceva una volta con l’attaccante dalle caratteristiche fisiche imponenti, ma il primo gol “vero” è impossibile da dimenticare. Come a volerlo afferrare e rivivere ancora. Stadio Artemio Franchi di Firenze, 18 settembre 2010, primo squillo in Serie A della sua vita. “Lì sono diventato grande. È stato un giorno magico”. Pomeriggio spartiacque per una carriera che era tutta ancora da definire, di quelli che ti porti dentro per sempre.
Entra al posto di Rocchi, mica uno qualsiasi per la storia della Lazio, e dopo sette minuti lascia il segno, regalando tre punti d’oro alla Lazio di Reja. “Edi è stato il primo a crederci, ha visto qualcosa di speciale in me, gli devo tantissimo. Tante volte mi ha anche sgridato, ma mi è servito tutto”. Dopo la Lazio ha avuto la possibilità di provare il calcio inglese, per tutti gli addetti ai lavori perfetto per il modo di giocare, ma come sempre nella vita bisogna avere anche tanta fortuna per riuscire perché l’impegno può non bastare. “Spesso non è stata colpa mia, basta guardare come è andata in Inghilterra. Anche se ora, rispetto a qualche anno fa, non ho più rimpianti. Sono di nuovo felice”.
I tanti infortuni probabilmente gli hanno precluso una Premier League da primo attore, ma Libor ha trovato ugualmente il modo di tornare protagonista nel grande calcio. “Venivo da anni tremendi in Inghilterra. Appena arrivato mi rompo la gamba in allenamento dopo uno scontro con un compagno, poi tante ricadute, problemi continui alla caviglia… insomma un calvario. Non ho segnato per più di 1500 giorni consecutivi, ricorda lucidamente e senza amarezza l’ex attaccante della Lazio, “gli infortuni mi hanno cambiato la vita, non lo nascondo, anche se adesso guardo avanti”, e continua ancora a divertirsi a buttare alle spalle dei portieri.