Due modelli in particolare avrebbero riscontrato numerose problematiche tali da mettere in pericolo chi li utilizza. Per questo motivo i consumatori hanno deciso di avviare un’azione legale nei confronti della nota azienda che li produce, al fine di spingerla a ritirare i prodotti dal mercato ed evitare così che possano scaturire pericolose conseguenze
Sono circa centomila i pazienti in Italia che utilizzando i due modelli di ventilatori per l’apnea oggetto della discussione. Di questi, oltre tremila sono all’interno del Piemonte, regione dalla quale è partita ufficialmente un’azione legale nei confronti dell’azienda produttrice. Questi dispositivi, infatti, presenterebbero problemi di sicurezza capaci di “provocare lesioni”.
Si tratta nello specifico di ventilatori prodotti dalla Philips Respironics per affrontare l’apnea, degli apparecchi che per stessa ammissione della società produttrice presentano alcuni problemi legati alla sicurezza, capaci “di provocare lesioni gravi e potenzialmente letali o danni permanenti“. Per questo motivo lo studio legale torinese Ambrosio&Commodo, per conto dell’Associazione nazionale Apnoici e la Adusbef, ha depositato la prima class action contro la multinazionale olandese, al fine di ottenere il ritiro degli apparecchi.
Una decisione che era stata annunciata dall’azienda, ma che non si è concretizzata nei fatti. La stessa Philips nel giugno 2021 aveva annunciato una campagna per eliminare dal mercato i due modelli (nello specifico il Remstar Pro e Dream Station 1) che a seguito delle verifiche erano risultati non conformi agli standard di sicurezza. Peccato però che i buoni propositi non siano stati rispettati a pieno, come denunciato al Corriere della Sera dall’avvocato Stefano Bertone, che coordina un pool di colleghi: “Ad oggi solo il 25% è stato ritirato. Ciò che chiediamo al Tribunale è di imporre alla società un intervento più tempestivo che tuteli la salute pubblica dei cittadini“.
Class action contro la Philips
Si tratta di una situazione molto delicata, in quanto coloro che soffrono di queste patologie respiratorie e che usano i due modelli finiti nel mirino (il 70% lo ha ottenuto in comodato d’uso dal sistema sanitario, mentre il restante lo ha acquistato) vivono in un clima di incertezze e con il timore di gravi conseguenze per la propria salute. Queste le parole di Luca Roberti, presidente dell’Associazione nazionale Apnoici: “Il problema riguarda il materiale fonoassorbente usato negli apparecchi che, stando agli studi, si degrada sprigionando polveri e sostanze tossiche. C’è poca informazione e disponibilità di dati. Per questo abbiamo anche commissionato uno studio indipendente sui prodotti“. Chiaramente non si tratta di una problematica prettamente italiana, ma diffusa a livello globale.
Sono infatti circa 15 milioni i ventilatori di questo distribuiti nel mondo, eppure nel caso specifico del nostro Paese il ritiro sembra andare a rilento, come spiegato dall’avvocato Renato Ambrosio: “Anche da parte del ministero registriamo un’azione omissiva. Al momento il nostro lavoro punta a velocizzare il ritiro dei prodotti. Poi valuteremo caso per caso eventuali danni alla salute subiti dai pazienti“. Si va dunque verso una battaglia legale: “Si tratta di tutelare un bene diffuso dei cittadini — sottolinea l’avvocato Stefano Commodo —. E per la prima volta si chiede a un Tribunale di tutelare le persone in maniera preventiva“.