Candidato a ben nove categorie dei prossimi Oscar del 2023, è finalmente uscito in sala Gli spiriti dell’isola di Martin McDonagh.
Qual’è il ruolo del cinema nella nostra società? E’davvero la forma d’arte più vicina alla massa e al sentire comune o è semplicemente espressione di stringenti dinamiche di mercato? Difficile dare una risposta univoca, ma è innegabile che negli ultimi decenni la sala cinematografica sia stata un luogo utile per affrontare dinamiche sociali di primaria importanza. In particolare, negli ultimi anni, sono stati numerosi gli autori che hanno approfondito le contraddizioni della società moderna, attraverso una disamina critica del concetto di consumismo e socialità all’interno degli odierni contesti occidentali. Facile citare in questo senso Nomadland, vincitore dell’Oscar come miglior film nel 2020, in cui una spiazzante Francis McDormand decide di emanciparsi, per quanto possibile, dagli opprimenti obblighi di una società capitalistica.
Ieri 2 Febbraio 2023, dopo essere stato presentato alla 79esima edizione del festival del cinema di Venezia, Gli spiriti dell’isola di Martin McDonagh arriva in sala con una vicenda a dir poco affascinante, in cui la sopracitata tendenza a rappresentare la società pre-industriale come qualcosa di genuino, viene inserita all’interno di un contesto filmico realmente stratificato.
Un grande film per un piccolo pubblico
Ci troviamo negli anni venti in una piccola isola irlandese e i nostri protagonisti, Pádraic (Colin Farrell) e Colm (Brendan Gleeson), sono due stimabili cittadini di una comunità rurale. Nella prima sequenza del lungometraggio, il personaggio di Pádraic si ritroverà a fare i conti con una profonda crisi esistenziale dell’amico Colm, il quale da un momento all’altro, senza un apparente emotivo, troncherà i rapporti tra i due, gettando il fedele amico nelle pene dell’amicizia non corrisposta. Questo appare superficialmente come il fulcro drammaturgico della vicenda, che tuttavia, come accade spesso con il raffinato cinema di McDonagh, si evolverà repentinamente in un tripudio di tematiche. L’armonioso passaggio dall’intimo all’universale si fa caratteristica imprescindibile di un film sorprendentemente fecondo di filosofia, alla quale si aggiunge una squisita convivenza di generi cinematografici: tragedia, commedia e dramma si alternano e si contaminano minuto dopo minuto, donando freschezza formale e contenutistica ad un’ambientazione tutt’altro che innovativa.
Tra le numerose tematiche in gioco, quella che viene esplicitata con maggior convinzione è senza dubbio quella incarnata dal personaggio di Colm, che attraverso il violento rifiuto di un legame affettivo con Pádraic, riuscirà a rappresentare elegantemente gli esiti dell’incontro-scontro tra gli equilibri della società pre-industriale e l’irrazionalità della cultura novecentesca. E’ evidente che un’impalcatura intellettuale di tale complessità sarà difficilmente digerita dallo spettatore medio e crediamo che in ciò risieda il limite più grande de Gli spiriti dell’isola. Sebbene la sublime scrittura dei dialoghi, doni al film il brio comico di una commedia, è negli innumerevoli sottotesti che Gli spiriti dell’isola conosce il suo autentico valore cinematografico. Sottrarre dalla sceneggiatura tali raffinatezze, nel tentativo di rendere il prodotto di più semplice comprensione, equivarrebbe ad asportare dal film il suo elemento più prezioso.