Primo responso dai circoli del Pd: si va ai gazebo per scegliere chi fra Bonaccini e Schlein guiderà il partito ma c’è l’incubo flop.
Dopo Napoli e Roma Elly Schlein vince anche a Milano. Indicazioni interessanti quindi, nonostante nei sondaggi la situazione sembra abbastanza chiara.
Chiuso il capitolo relativo ai circoli, la palla passa in mano agli iscritti, che domenica prossima ai gazebo avranno il compito di scegliere alle primarie chi guiderà il Pd. La partita resta aperta per Bonaccini e Schlein, e i sondaggi premiano il governatore, giunto al secondo round con le sconfitte nelle grandi città, ma con il sostegno delle regioni.
Secondo un sondaggio Emg Acqua presentato ad Agorà, su Raitre, il 64% degli elettori del Pd intervistati preferirebbe le politiche di Bonaccini, mentre Elly Schlein sarebbe al 36%. Si tratta di un campione di poco meno di 1500 persone intervistate, che rappresenta resta un dato significativo in una partita ancora aperta per 6 giorni ma doppia. C’è infatti da capire se le primarie abbiano ancora un senso in una discesa continua di un sistema che consentirà di capire quale sarà la risposta degli elettori.
Schlein-Bonaccini: testa a testa ma l’affluenza preoccupa
C’è una lunga serie di dati che preoccupano il Pd, e rischiano di condizionare anche le primarie. Dopo l’elevato astensionismo alle regionali, la serie di sconfitte e i conflitti interni, il 26 febbraio diventa una data fondamentale per il partito. Bisognerà capire se il progetto politico, nato nel 2007, ha ancora un senso, o se gli elettori sono stanchi di un sistema dai numeri sempre in forte calo. Furono 3 milioni gli iscritti a presentarsi per affidare la guida del partito a Veltroni, in un calo costante fino al milione e mezzo che scelsero nel 2019 Zingaretti.
L’obiettivo, anzi, per certi versi il vero problema, è capire se in questa fase si arriverà al milione di persone pronte a decidere se affidare il partito nelle mani di Stefano Bonaccini o di Elly Schlein, in una fase in cui iniziare con il piede sbagliato non sarebbe il miglior modo per dar vita a quella rinascita sbandierata dal Partito Democratico. Ecco perché la sfida del 26 febbraio non è solo un testa a testa ma è un termometro interno di quelli da tenere in grande considerazione. L’elettorato da anni fedele sarà presente, ma iniziare con un nuovo pesante astensionismo renderebbe la sfida già in salita in una fase in cui il partito cerca la figura giusta per invertire un trend in netta discesa.