Papa, vaccini: “Serve una cura di realtà”. Poi attacca la cancel culture

L’appello di Francesco durante il discorso di inizio anno al Corpo Diplomatico vaticano sulle conseguenze sanitarie, economiche e sociali della pandemia.

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(Ansa)

Come ogni inizio anno, il Pontefice ha rivolto il suo discorso di indirizzo alle autorità diplomatiche della Santa Sede impegnate nei conflitti più diversi tra loro che toccano il Pianeta. Si tratta infatti di un momento importante che segna ogni volta l’inizio di una stagione fatta di accurata prossimità, di lavoro delicato e costante, di amore per la pace e per la cura dell’umanità e del bene comune di tutti i popoli e le genti.

Qui Francesco è abituato a passare in rassegna l’anno che termina e offrire le proprie raccomandazione sulle tematiche più scottanti che i nunzi diplomatici sono chiamati ad affrontare. Dando un’impronta di stile, che per Bergoglio è spesso passata anche per duri rimproveri. Dall’anno scorso, però, è impossibile non mettere al centro il tema della pandemia, che accomuna tutti i Paesi del globo, ancora oggi alle prese con la “Terza guerra mondiale”, come il Papa stesso etichettò negli anni precedenti.

Le parole del Papa sull’emergenza pandemica

Ebbene, la visione del Papa sulla pandemia è che di fronte all’emergenza c’è bisogno di una “cura di realtà”. Ma che allo stesso tempo non va dimenticata la crisi parallela, quella della globalizzazione dell’indifferenza che costruisce, contro gli interessi del popolo, una “cultura dello scarto”. Chi è abituato ad ascoltare gli interventi di Francesco conosce bene queste terminologie, per questo la critica al pensiero unico che arriva anche stavolta, e che è conseguenza per della “cancel culture”, è un messaggio altrettanto dirompente di fronte alla gestione internazionale del virus.

Se infatti i due “fuochi essenziali” per superare le crisi del momento sono “dialogo e fraternità”, per Francesco non va dimenticato che non si possono cancellare le diversità con la presunzione di essere inclusivi. Il discorso di Bergoglio, in ogni caso, è ampio, e va a toccare le tante “luci e ombre” del tempo presente.

Tuttavia, sui vaccini Francesco è stato chiaro. “Laddove si è svolta un’efficace campagna vaccinale il rischio di un decorso grave della malattia è diminuito”, è la considerazione di Francesco, che ritiene quindi “importante che si possa proseguire lo sforzo per immunizzare quanto più possibile la popolazione”. O meglio, curare è un vero e proprio “obbligo morale”, oltre che un atto d’amore, come già affermato in passato.

Per cui la posizione di Francesco è che i vaccini “rappresentano certamente, in aggiunta alle cure che vanno sviluppate, la soluzione più ragionevole per la prevenzione della malattia”. Con un distinguo. Che la politica, dall’altro lato della barricata rispetto alla scienza, debba “perseguire il bene della popolazione attraverso decisioni di prevenzione e immunizzazione, che chiamino in causa anche i cittadini affinché possano sentirsi partecipi e responsabili, attraverso una comunicazione trasparente delle problematiche e delle misure idonee ad affrontarle”.

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L’appello è poi anche a “un impegno complessivo della comunità internazionale, affinché tutta la popolazione mondiale possa accedere in egual misura alle cure mediche essenziali e ai vaccini”, “i Governi e gli enti privati interessati mostrino senso di responsabilità, elaborando una risposta coordinata a tutti i livelli”, e infine “le regole monopolistiche non costituiscano ulteriori ostacoli alla produzione e a un accesso organizzato e coerente alle cure a livello mondiale”.

La dimensione globale dei problemi e la cancel culture

Insomma, anche per Francesco la questione è certamente complessa, e dalla pandemia a caduta emergono tutte le altre difficoltà internazionali che di certo non meritano di essere oscurate e rifilate in secondo piano. Anzi. L’accento è sulla dimensione globale degli stessi problemi, perché sia la pandemia che il cambiamento climatico “mostrano chiaramente che nessuno si può salvare da sé”. Lo strumento di risoluzione dei conflitti, quindi, non può che essere il multilateralismo, oggi per il Papa invece fortemente in crisi.

Per spostarsi invece “su tematiche per loro natura divisive e non strettamente attinenti allo scopo dell’organizzazione, con l’esito di agende sempre più dettate da un pensiero che rinnega i fondamenti naturali dell’umanità e le radici culturali che costituiscono l’identità di molti popoli”. Generando così una vera e propria “forma di colonizzazione ideologica”, che “non lascia spazio alla libertà di espressione e che oggi assume sempre più la forma di quella cancel culture, che invade tanti ambiti e istituzioni pubbliche”.

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(Ansa)

Vale a dire “un pensiero unico costretto a rinnegare la storia, o peggio ancora a riscriverla in base a categorie contemporanee, mentre ogni situazione storica va interpretata secondo l’ermeneutica dell’epoca”. In tutto la diplomazia è chiamata ad essere “davvero inclusiva, non cancellando ma valorizzando le diversità e le sensibilità storiche che contraddistinguono i vari popoli”.

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Un invito che vale di sicuro per la Santa sede e i suoi emissari, ma anche e soprattutto per tutta la società civile nel suo complesso, ormai da tempo in crisi di valori morali ma anche di riferimenti in questo senso che possano indicare la strada. Quella di Francesco è chiara, e parla di “valori permanenti” da “non dimenticare mai”. Che sono “il diritto alla vita, dal concepimento sino alla fine naturale, e il diritto alla libertà religiosa”.

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