Lo psicoterapeuta imputato nel processo cerca di andare al contrattacco per far valere le proprie ragioni, ma potrebbe ricevere un’altra accusa
Bibbiano, un caso che non si spegne mai e soprattutto una ferita ancora aperta. E visibile. Il processo va avanti e proprio nell’udienza di qualche giorno fa, se non c’è stato un colpo di scena, poco ci manca. Il protagonista è Claudio Foti, lo psicologo coinvolto nello scandalo dei presunti allontanamenti illeciti dei bambini di Bibbiano, nel 2021 “condannato in primo grado a 4 anni di reclusione, più 2 anni di sospensione dalla professione e 5 d’interdizione dai pubblici uffici”. E qualcosa da questo punto di vista si muove. Il nuovo avvocato di Foti, Bauccio, ha modificato la linea difensiva, almeno rispetto a quella che c’era prima e lo si è capito nell”udienza alla quarta sezione penale della Corte d’appello di Bologna.
Il legale dello psicologo ha cercato di minare la credibilità della perizia tecnica su cui si è basata l’accusa nei confronti di Foti, tanto che nel processo di primo grado ha determinato per Foti la dura condanna per i reati di lesioni personali aggravate e d’abuso d’ufficio. Secondo il giudice del primo processo, nella sentenza c’era la motivazione che Foti «innegabilmente alterato lo stato psicologico» di Valeria S., una paziente adolescente che aveva in cura e che gli era stata affidata dagli assistenti sociali di Bibbiano.
L’imputato ha portato 130 psicologi per attaccare la perizia
Sempre secondo i giudici del primo processo la terapia seguita da Foti aveva «modalità pregiudizievoli», aveva convinto la povera ragazza a convincersi della falsa idea che il suo papà avesse abusato sessualmente di lei. Una vicenda vergognosa, tanto che è stato soprattutto condannato per questo genere di situazioni. Oggi questa ragazza nega con tutte le sue forze di essere mai stata maltrattata dal padre.
Il problema è che tra il 2016 e il 2018 la stessa terapia aveva spinto Valeria S. a odiare il padre, avvicinandola alla dipendenza da stupefacenti e «un disturbo di personalità borderline», associato a un «disturbo persistente depressivo con ansia». Lesioni serie e gravi che avevano indotto il giudice alla condanna. Ma l’avvocato Bauccio ha contestato tutto questo metodo basandosi su un testo sottoscritto da 130 psicoterapeuti, i quali sostengono che la consulente nominata dall’accusa avrebbe «proceduto alla diagnosi del disturbo di personalità borderline senza rispettare i criteri indicati dalla procedura».