Prima gioia per Spalletti: la sua rivincita più grande

Un successo che porta la sua firma, un allenatore che ha sofferto ma ha anche incantato con le sue idee e la sua voglia di rivincita perenne

Da perdente di successo, ad antipatico, pungente e ostile a tecnico finalmente vincente e, perché no, simpatico e brillante. Per la prima volta nella sua carriera Luciano Spalletti si gode il successo più bello, più ferocemente cercato e mai così meritato. Per la lunga ed estenuante gavetta sia nei livelli più bassi ma anche e soprattutto in quelli più alti. E, forse, non è un caso che il primo titolo della sua carriera l’abbia vinto al Friuli, lo stadio e la squadra che l’hanno consacrato come allenatore di livello. E’ stato un calciatore, con alterne fortune, il grande salto in A non l’ha mai fatto, ma a centrocampo era uno che menava, ma dal piede delicato e con qualche guizzo, anche se non ha avuto fortuna. Finisce di giocare a Empoli ed è proprio da lì che parte come tecnico. Prima con le giovanili, poi il salto in prima squadra, ma anche lì fa avanti e indietro.

L'akllenatore
Il tecnico del Napoli Luciano Spalletti (Ansa Notizie.com)

Già perché Luciano comincia con le giovanili dell’Empoli, poi un salto fugace in prima squadra, vince ma poi deve rifare tutto perché il presidente di turno, in quel caso Corsi, ha altri progetti. E’ successo così pure a Udine con Pozzo, subentra e poi, nonostante i buoni risultati, deve tornare indietro. Ma sia a Empoli che a Udine si prende delle rivincite pazzesche. Con i toscani dalla C arriva fino alla serie A, si salva e poi va in Friuli dove porta l’Udinese per la prima volta nella storia in Champions League. In quel frangente si accorgono tutti di Luciano, ma la più veloce è la Roma che dal 2005 al 2009 lo vede da protagonista come allenatore. Lì vince il suo primo trofeo, la Coppa Italia e poi il secondo, la Supercoppa. Nello stesso anno arriva anche ad un passo dallo scudetto, ma a vincerlo è l’Inter.

Un cammino e un’ascesa incredibile

L'allenatore
Il tecnico del Napoli Luciano Spalletti che incoraggia i suoi giocatori (Ansa Notizie.com)

Finita l’epopea con la squadra giallorossa, Luciano decide di uscire dall’Italia e tenta l’avventura in Russia con lo Zenit. Per lui una barca di soldi. Resta lì cinque anni dove vince il suo primo scudetto e alcune coppe di Russia, alla fine il suo bilancio sono due scudetti. Resta fermo un paio d’anni, gira l’Europa ad aggiornarsi e poi, siccome è legatissimo all’ambiente Roma, decide di rientrare, ma fa l’errore più grave della sua carriera. Pensa di ritrovare gli amici, tra cui Francesco Totti, che l’ha rivoluto in squadra, ma è con il Pupone che si sfascia tutto. I due quasi vengono alle mani e il capitano finisce nel modo peggiore, con l’intero ambiente romanista che dà la colpa al tecnico. Va via anzi scappa e va a Milano, ma anche qui, nonostante i buoni propositi riesce a discutere con il leader del gruppo, Mauro Icardi che prende e lascia Milano. Per Luciano due anni di alterne fortune.

Anche qui resta fermo quasi due anni, poi De Laurentiis, colto da chissà quale colpo di fulmine, decide di chiamarlo e lo definisce il “tecnico del destino”. Mai parole furono così azzeccate. Al suo primo anno a Napoli Spalletti costruisce una buona squadra e va in Champions League, centrando l’obiettivo stagionale, ma l’anno successo è quello della rivoluzione: via quattro mostri sacri come Insigne, Koulibaly, Mertens e Fabia Ruiz, arrivano Kvaraskeila, Kim e tanti altri buoni giocatori, ma non campioni, almeno non in grado di sostituire i “mostri sacri” partenti. A Napoli c’è un’atmosfera cupa e di grande contestazione per De Laureniits e di conseguenza per Spalletti, reo di aver avallato la campagna acquisti. E, probabilmente, è da qui che il tecnico toscano costruire la sua opera più bella. Parte il campionato, la squadra non fa che vincere, convince col gioco e con i nuovi giocatori che sembrano bolidi e ragazzi che giocano insieme da anni. Su tutti c’è Osimeh che proprio Spalletti riesce a plasmare e modellare come ariete, centravanti modello e uomo simbolo di questo Napoli. Che gioca a memoria, ma soprattutto con l’anima e il carattere del suo allenatore, mai domo e sempre pronto a prendersi la scena e ogni rivincita. E questa è senza dubbio la più bella di tutte. Il Napoli di Spalletti è nella storia, il terzo scudetto dei partenopei, il primo per Lucianone. La sua opera più bella. Ora non resta che festeggiare e scrivere altre pagine di storia.

 

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