Dopo il Gran Premio di Le Mans si sono intensificate le polemiche intorno alla questione Marc Marquez, con alcune dichiarazioni emblematiche sul momento di crisi dello spagnolo.
All’interno dell’affascinante storia dello sport, sono innumerevoli i talenti che ricorderemo per sempre come dei “cattivi ragazzi”. Dagli esempi più eclatanti come i criticatissimi Balotelli e Cassano, alle leggende controverse come Mike Tyson e Denis Rodman, l’idea di “genio e sregolatezza” ha sempre affascinato pubblico e giornalisti, che hanno alimentato tanto la fama, quanto la perdizione sportiva di questi campioni, macchiati soltanto dalle intemperanze del proprio carattere.
Nella lista dei cattivi ragazzi dalle capacità straordinarie, è ormai impossibile non inserire il protagonista assoluto degli ultimi dieci anni di motociclismo, Marc Marquez.
Da dove proviene l’odio per Marquez?
Il fenomeno spagnolo inizia a monopolizzare le prime pagine dei giornali italiani da quella maledetta stagione del 2015, in cui portò a termine il suo diabolico piano di sabotaggio nei confronti del mondiale di Valentino Rossi. Il nostro caro Valentino perse il mondiale e, da li in poi, Marquez si guadagnò l’appellativo di “piccolo fot**to bastardo”, affibbiatogli dallo stesso numero 46 in un’intervista. Marc avrebbe poi conquistato ben 4 mondiali di fila, portando il numero di campionati del mondo a otto. Rossi è a quota nove e, alcuni fan del Dottore, credono che sia stato il karma a causare quel grave infortunio di Marquez nel 2020, che interruppe il monopolio dello spagnolo, impedendogli di eguagliare il numero dei mondiali conquistati da Valentino.
Da quello sfortunato giorno a Jerez, Marc non avrebbe più ritrovato la forma fisica necessaria a esprimere quel talento, che ancora oggi pare non conoscere confini. Perché si, nonostante le leggende di Valentino e Giacomo Agostini continuino a deliziare la memoria degli italiani, sarebbe semplicemente un delitto allo sport e alla sua espressione più pura, negare le abilità di un vero e proprio marziano, che ancora oggi, con un braccio dolorante, gran parte del tifo a sfavore e, soprattutto, una moto sensibilmente meno pregiata delle imbattibili Ducati, riesce a far emozionare con prestazioni semplicemente impensabili.
Agostini difende Marc e parla del suo futuro
Lo stesso Giacomo Agostini – il pilota più vincente della storia con 15 mondiali vinti – ha parlato recentemente di Marc: “Marquez è uno che dà spettacolo in gara. Non lo dico io, lo vedono tutti. Dà spettacolo e appassiona, tantissimo. E’ bello vedere questi piloti che combattono per vincere, è quello che bisogna dare al pubblico”, un commento tanto banale, quanto inusuale, in un periodo in cui, soprattutto nel bel paese, abbondano le ammonizioni pubbliche di ex piloti nei confronti della condotta di Marquez.
Agostini ha anche parlato del futuro del fenomeno spagnolo: “È difficile prendere la decisione di laciare la Honda. Anche perché, ad esempio, la Ducati ha già molti piloti e sono piloti che vincono, quindi non hanno bisogno di lui“, ha dichiarato la leggenda bresciana, che ha poi concluso dicendo che “Marc deve avere pazienza. Soffrirà un po’, ma esce sempre il sole dopo la tempesta“.
La fine dell’era Marquez?
Anche a Le Mans (ultima gara disputata in cui Marquez tornava da un piccolo infortunio alla mano), gli altri piloti in sella a una Honda hanno subito dei distacchi disumani dai tempi registrati dall’alieno col numero 93. Non soltanto Marc è il pilota Honda più veloce in pista, ma addirittura, sul giro secco, lo spagnolo riesce ancora a lottare per la vetta della classifica, piazzandosi davanti a moto sensibilmente più efficaci. Il motivo? Come sappiamo, il senso del limite di Marc Marquez non è condiviso da altri esseri umani e ciò, abbinato a capacità altrettanto rare, gli permette ancora di qualificarsi nelle prime file della griglia. Il prezzo da pagare? Semplicemente un’infinità di cadute.
E’ evidente che il prototipo guidato dall’otto volte campione del mondo, non sia attualmente nelle condizioni di conquistare posizioni di rilievo e ciò costringe il marziano originario di Cervera, a forzare ulteriormente uno stile di guida già estremo. Difatti, è nelle fasi più delicate della guida, che lo spagnolo tenta disperatamente di ridurre il gap con gli altri costruttori, forzando costantemente in staccata e inserimento. Ecco che, se in qualifica questo approccio può ripagare in termini di tempi sul singolo giro, in gara, l’anteriore della Honda manifesta una precarietà piuttosto inadeguata per pretendere di arrivare a tagliare il traguardo dell’ultimo giro.
Il risultato è che, seppur Le Mans abbia restituito la fugace impressione di un Marquez tornato ai fasti di un tempo, la dura verità è che Marc non ha concluso la gara, ha sdraiato la moto due volte durante le prove libere e ha fatto innervosire parecchi colleghi nel corso di tutto il weekend. Non proprio ciò che si richiede a un pilota per puntare al mondiale. Tuttavia, sarebbe difficile aspettarsi una condotta differente da un pilota di tale indole, che difficilmente sopporta di veder sfilare gli altri piloti.
Ai piloti più giovani manca cattiveria agonistica?
Nonostante i comportamenti di Marquez (i sorpassi al limite, l’ostinata ricerca della scia in qualifica e in generale un’aggressività fuori luogo) possano indignare molti appassionati di motorsport, c’è anche da evidenziare come le nuove leve, Bagnaia & Co. , pecchino in quanto a carisma, dentro e fuori dalla pista: quella che si presenta come genuina sportività e assenza di tossiche rivalità, si traduce di fatto nell’assenza di esuberanza e attrattiva, che limita inevitabilmente il bacino di utenza della MotoGp. Il motivo per cui Valentino avvicinò anche i non appassionati a questo splendido sport, è da rintracciare nella sua grande onestà davanti alle telecamere, che in alcune occasioni generava inesorabilmente degli attriti con i rivali e, di conseguenza, eco mediatica per l’intero movimento sportivo.
E’ inutile nasconderselo, quando si compete a 300 chilometri orari, è difficile non nutrire la benché minima avversione nei confronti dei propri avversari e, la mancanza di personalità forti all’interno del paddock, è senza dubbio uno dei motivi per cui le competizioni su due ruote stanno perdendo gran parte del pubblico acquisito da Valentino Rossi in poi.
Il futuro di Marquez
Molti, dopo le prestazioni altalenanti ma sorprendenti di Le Mans, hanno ipotizzato che, se al numero 93 venisse fornita un’altra moto della griglia, la classe regina conoscerebbe nuovamente un solo e unico dominatore, come se quel maledetto infortunio non fosse mai accaduto. Probabilmente, per paura di danneggiare il team Honda con dichiarazioni estreme, Marc non ha ancora direttamente supportato l’idea che in sella a un altra moto la musica sarebbe ben diversa: “È il commento che fanno tutti, ma io non ho quella sensazione”, se non fosse che, pochi istanti dopo, lo spagnolo ha esplicitamente ammesso la superiorità della Ducati: “Vanno bene su tutti i circuiti ed è molto difficile competere contro di loro”. Dopo dieci anni di successi, Marc crede ancora nella Honda, ma forse questa volta, per raggiungere quell’agognato nono mondiale, non basterà né crederci di più, né frenare più tardi di chiunque altro.