Il capogruppo di Fratelli d’Italia presenta una mozione alla Camera per far rientrare nel Belpaese militanti della lotta armata rifugiati in Francia
Una missione: riportare in Italia i terroristi rossi rifugiati in Francia. È l’intenzione della mozione firmata e presentata da Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia, alla Camera. E questo, nonostante il 28 marzo di quest’anno la Corte di cassazione francese respinse a titolo definitivo la richiesta da parte del governo italiano di far rientrare dieci militanti della lotta armata rossa che si erano rifugiati in Francia e arrestati ad aprile 2021.
Una stortura da parte del governo francese. E chissà se tanti problemi degli ultimi tempi non derivino da questa situazione così particolare. La Corte francese decise di rigettare il ricorso del procuratore generale Remy Heitz nonostante ci sia la volontà di entrambi i governi di far ottenere giustizia per le vittime delle azioni terroristiche. Da lì in poi ci fu una serie di considerazioni giuridiche che crearono molto fastidio al governo italiano e in parte anche all’interno dello stesso governo francese che cercò allo stesso tempo di non intromettersi più di tanto.
Il ministro della giustizia francese: Sono assassini
Tutto questo batti e ribatti, nonostante il 26 marzo di quest’anno il ministro della giustizia francese, Eric Dupond Moretti, aveva definito i terroristi degli «assassini» cercando di spingere la loro estradizione. L’Italia, con questa mozione da parte di Foti che spinge come non mai, chiede al governo di «fornire tutta la necessaria assistenza legale ai parenti delle vittime dei reati commessi dagli ex terroristi, nel loro appello davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo contro la decisione della Corte di cassazione francese».
Alcuni dei militanti della lotta armata sono Giorgio Pietrostefani, fondatore insieme ad Adriano Sofri di Lotta continua, condannato come mandante dell’omicidio del commissario Luigi Calabresi. Marina Petrella, appartenente alle brigate rosse, condannata per l’omicidio del generale Galvaligi oltre che per il sequestro del giudice Giovanni D’Urso e dell’assessore regionale della Democrazia cristiana Ciro Cirillo. Roberta Cappelli, delle brigate rosse, condannata anche lei per l’omicidio del generale Galvaligi, dell’agente di polizia Michele Granato e del vicequestore Sebastiano Vinci. Giovanni Alimonti, delle brigate rosse, condannato per il tentato omicidio del vicedirigente della Digos Nicola Simone. Enzo Calvitti, delle brigate rosse, condannato in contumacia a 18 annidi carcere per associazione a scopi terroristici e banda armata. Maurizio Di Marzio, della colonna romana delle brigate rosse,