Il figlio del tifoso della Lazio ucciso nel derby del 28 ottobre 1979 commenta l’ennesima vergogna a Notizie.com
L’ennesima scritta oltraggiosa, l’ennesimo atto vile di persone, se così si possono definire, che si divertono nell’infangare la memoria di chi è scomparso. Non è la prima volta, la cruda realtà porta a pensare che non sarà nemmeno l’ultima. Il ricordo di Vincenzo Paparelli, tifoso della Lazio ucciso durante un derby con la Roma del 28 ottobre 1979, è stato ancora una volta oggetto di scritte vergognose sui muri, lasciate da tifosi della Roma nella notte.
Questa volta il riferimento è alla finale di Europa League persa contro il Siviglia ai calci di rigore: “31/5, se tirava Tzigano era centro assicurato“. Tzigano, come noto, è il soprannome di Giovanni Fiorillo, il sostenitore giallorosso che dalla Curva Sud innescò il razzo nautico poi planato sul volto inerme di Paparelli. Per commentare questo nuovo atto osceno, la redazione di Notizie.com ha contattato in esclusiva il figlio di Vincenzo, Gabriele Paparelli: “L’ho vista purtroppo, stiamo cercando di intercettarla per rimuoverla. Si sono mosse un po’ di persone per capire dove sia. Non ho più parole, sono due giorni che mi sta arrivando di tutto sui social, addirittura la bara di mio padre. Cose che non riesco a capire come si possano solo pensare. Avrò ricevuto una quindicina di messaggi e insulti vari sui social, in più è uscita questa scritta stamattina, è la ciliegina sulla torta“.
Gabriele Paparelli a Notizie.com
Proprio ieri, durante la finale di FA Cup tra Manchester City e Manchester United, un tifoso dei Red Devils è stato arrestato per aver indossato una maglietta che oltraggiava la memoria della strage di Hillsborough in cui persero la vita 97 persone: “All’interno dello stadio è una cosa molto utile, ma ringraziando Dio queste cose almeno non si vedono più da noi ed è un grande passo avanti. Purtroppo adesso ci sono i social e in ogni caso vedo improbabile individuare gli autori delle scritte sui muri. Fatto sta che da 48 anni mio padre non riesce a riposare in pace. Stamattina ho pubblicato un post dedicato ad Antonio De Falchi e ho scritto ‘almeno tu riesci a riposare in pace, al contrario di mio padre’. Ci sono delle forme di rispetto che non andrebbero mai oltrepassate. Parliamo di un ragazzo di 33 anni morto allo stadio. Credo che ci siano tanti argomenti per prendersi in giro. A Roma è bello lo sfottò, ci campiamo con questo. Però insultare un morto non è più sfottò, è qualcosa che va oltre l’essere normali“.
Anche perché gli autori sono sempre rimasti impuniti: “Io ho provato a fare querele, ma vanno tutte in cavalleria, non ho mai ottenuto nulla. Bisognerebbe crescere sotto questo punto di vista, i social fanno parte della nostra vita, andrebbero controllati con un po’ più di attenzione. Almeno per quanto riguarda questo tipo di insulti“.