Dopo quanto avvenuto con il colpo di coda della brigata Wagner, a Mosca sembra esserci un riassetto del potere e lo Zar ora è più debole
Dal sorriso spavaldo alla serietà più totale. Dalla consapevolezza di essere invincibile alla quasi certezza che qualcosa comincia a scricchiolare. Tramortito, confuso e ancora in balia delle onde o di quello che potrebbe succedere a breve. Quanto capitato negli ultimi giorni è difficile da accettare per uno come Vladimir Putin, abituato da vent’anni a non ricevere nessun no come risposta, ora deve fare i conti con una minaccia che non aveva previsto. Per molti analisti e osservatori che ben conoscono la Russia, quanto fatto e detto da Prigozhin ha messo in luce un problema e un indebolimento nella corazza dello zar russo.
Per molti quello che sta accadendo in Russia non è certo la fine di un lunghissimo potere che va avanti dal 2000, ma dovrebbe essere senza dubbio l’inizio della fine. “Il tentativo di golpe non è stato una farsa“, dice l’ambasciatore Giampiero Massolo, presidente del Comitato promotore Expo 2030 a Roma ma che conosce molto bene il modo di pensare russo, i vincoli politici e un sistema collaudato che comincia ad avere qualche problema. «Se quella che abbiamo visto fosse stata una messa in scena, sarebbe stata piuttosto costosa. Quanto è successo dimostra come il “divide et impera” di Putin coi suoi apparati di sicurezza non funzioni più”.
“Il Cremlino fronteggia un equilibrio instabile”
Quello che ha mandato in tilt il sistema è stata la confusione che si è creato nei centri di comando subito dopo il primo video di Prgozhin, dove lui stesso annunciava il suo arrivo a Mosca da lì a breve. Prima di emettere ordini decisi e controllati da un’unica fonte, ci si è messo un po’, forse troppo tempo rispetto al passato. E questo potrebbe far capire tante cose, visto che fino adesso non si era mai inceppata così tanto a lungo la capace e veloce macchina organizzativa russa. E’ stato questo ritardo nel decidere a far capire a Mosca che bisogna agire e proteggersi, considerato che la brigata Wagner era quasi dietro l’angolo.
E questo per l’“Institute for the study of war” un ente importante a cui tanti paesi si appoggiano in fase di analisi di guerre, che ora il Cremlino fronteggia “un equilibrio profondamente instabile“. La retromarcia di Prigozhin, la sua volontà di non andare avanti per fare un bagno di sangue russo è un accordo negoziato che al momento appare poco chiaro, soprattutto riguardo al “come” e al “quando” . “Si tratta di una sistemazione di corto respiro, non di una soluzione a lungo termine – prosegue l’Isw – e la ribellione ha portato alla luce gravi debolezze del Cremlino e del ministero della Difesa“. Per molti non è escluso che si possa anche essere trattato di una messinscena anche perché Prigozhin e Putin erano d’accordo dall’inizio, si conoscono da tanto tempo e hanno reciproca fiducia. Era ed è uno stratagemma di Putin per voler spaventare l’élite russa e quella internazionale, per far capire “occhio che non sono io l’alternativa peggiore” visti che le armi nucleari potrebbero finire al capo della Wagner. Una strategia un po’ complessa e un gioco pericoloso al quale non crede nessuno.