La primogenita del fondatore di Forza Italia scrive una lettera durissima a Il Giornale: “Dopo di lui, il tema giustizia non doveva tornare nei binari della normalità?”
“Caro direttore, ma la guerra dei trent’anni non doveva finire con Silvio Berlusconi? Dopo di lui, il tema giustizia non doveva tornare nei binari della normalità?”. Non ce l’ha fatta più, tanto si è trattenuta e tanto è rimasta in silenzio, almeno fino ad oggi. Alla fine però, stanca, ha deciso di scendere in campo, d’intervenire e uscire allo scoperto perché per Marina Berlusconi vedere quanto sta accadendo, nonostante il padre Silvio Berlusconi sia morto da oltre un mese, proprio non riesce a sopportarlo. Ha deciso di scrivere una lettera dai toni infuocati e di rivolgersi direttamente ai giudici, in questo caso quelli che lavorano alla Procura di Firenze, visto che, secondo quanto sta emergendo, Silvio Berlusconi e il cofondatore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri, sono indagati in relazione a un presunto ruolo di “mandanti esterni” degli attentati: il 27 maggio e il 27 luglio 1993 a Firenze e a Milano e coinvolto per le bombe del 1993.
Un collegamento pesante. Che la primogenita non è riuscita ad accettare e soprattutto lasciar passare. E ha deciso di “scendere in campo“, scrivendo una lettera e l’ha fatto con le stesse modalità con cui l’avrebbe fatto il Cavaliere: duro e fermo, ma senza uscire dai binari e restando in qualche modo elegante nella forma. E così, Marina Berlusconi esce dalla sua classica riservatezza ed entra senza troppi giri di parole nel confronto sulla giustizia, affidando ad una lettera a “Il Giornale” delle riflessioni per prendere la difesa del padre, ma concentrandosi anche su un tema delicato come quello della giustizia. “Contro Cosa Nostra nessun altro esecutivo ha mai fatto tanto. Ma tutto questo non basta. La lettera scarlatta giudiziaria che marchia l’avversario resta indelebile, gli sopravvive. E il nuovo obiettivo e’ chiaro: la damnatio memoriae“, uno dei passaggi più pesanti e duri di Marina Berlusconi.
“La Procura di Firenze ha aspettato la sua scomparsa per dare la caccia a mio padre”
La primogenita del Cavaliere si rivolge direttamente alla “Procura di Firenze” e passa al contrattacco, muovendo accuse precise perché “ha aspettato giusto un mese dalla sua scomparsa, per riprendere imperterrita la caccia a Berlusconi, con l’accusa più delirante, quella di mafiosità“. La presidente della Finivest non ci sta e si lamenta che ci sia un clima in cui “sembra che ogni ipotesi di riforma diventi motivo di scontro frontale, a prescindere dai suoi contenuti“. E prova ad andare oltre, cercando di spiegare, almeno secondo il suo pensiero, che “spetta solo a politica e istituzioni, nel rispetto del dettato costituzionale, affrontare problemi gravi come questo“, ma oltre “una testimonianza, e una denuncia, innanzitutto come figlia” contro “la persecuzione di cui mio padre e’ stato vittima, e che non ha il pudore di fermarsi nemmeno davanti alla sua scomparsa“. E poi l’affondo, uno dei passaggi che tanto ha fatto discutere, visti che secondo lei c’è “una sia pur piccola parte della magistratura” finisce per diventare “casta intoccabile e soggetto politico, teso solo a infangare gli avversari, veri o presunti“.
L’amara certezza di Marina Berlusconi è che se “purtroppo la guerra dei trent’anni non e’ finita con Silvio Berlusconi. E non riguarda di certo soltanto lui“. La conclusione della primogenita che non usa mezzi termini o filtri e attacca, visti che “un Paese in cui la giustizia non funziona e’ un Paese che non può funzionare” e annota che se anche “non m’illudo che, dopo tanti guasti, una riforma basti a restituirci alla piena civilta’ giuridica” c’è da sperare che “chi ha davvero il senso dello Stato debba fare qualche passo importante“.