Iniziano a cedere alcune tegole del Partito Democratico, come Alessio D’Amato, che ha preferito unirsi ai ranghi di Carlo Calenda.
La crisi interna al Partito Democratico sembra proseguire e, adesso, alcuni scelgono semplicemente di abbandonare il partito, per unirsi a gruppi politici che meglio rappresentano le proprie posizioni.
E’ questo il caso di Alessio D’Amato che, dopo aver parlato ai nostri microfoni, ha anche rilasciato un’intervista a Il Messaggero, in cui ha esposto chiaramente i motivi per cui il partito Democratico non rispettava più la sua idea di opposizione.
Un Pd subalterno ai 5 Stelle
D’Amato inizia parlando dell’ormai celebre dichiarazione, in cui sollevava in maniera piuttosto evidente le sue perplessità, nei confronti delle posizioni del Pd, che, secondo lui, iniziavano a coincidere fin troppo con quelle del Movimento 5 Stelle: “E’ passato un mese da quando ho sollevato il problema di un Pd troppo schiacciato sulle posizioni dei Cinque stelle. Un mese di silenzio assordante in cui non ho ricevuto risposte. Per questo ho dovuto prendere atto che per me, in quel Pd, non c’era più spazio”, è così che D’Amato ha scelto di unirsi alle fila di Azione, il partito di Carlo Calenda. Proprio il leader di Azione, aveva spesso elogiato il lavoro di D’Amato come assessore alla salute, a differenza dei vertici del Partito Democratico, che non sembrano aver tentato in alcun modo di trattenerlo: “In queste settimane non ho ricevuto alcuna chiamata dalla segretaria del Pd”. Quella di abbandonare il partito è stata “una decisione sofferta che non ho preso a cuor leggero. Ma il mio avversario rimane la destra al governo, non Elly Schlein”.
D’Amato descrive il motivo principale del suo cambio di casacca: “Ho posto un tema politico. Sul quale non ho ricevuto risposte. Per costruire una alternativa all’attuale governo bisogna avere il coraggio di imporre una seria agenda riformista. Il ‘ma anche’ non funziona, non si può tenere insieme tutto e il contrario di tutto. Non si possono avere incertezze sul fatto che a Roma vada realizzato il termo valorizzatore, che esiste in tutte le altre capitali europee. Né si può dubitare che sia un bene cancellare l’abuso d’ufficio, come chiedono tutti i sindaci del Pd. Serve chiarezza e concretezza”. Idee chiare e nette, che si confermano anche quando D’Amato commenta i rapporti tra Pd e M5S: “La linea del Pd in questo momento è subalterna a quella di M5S. Così però si parla soltanto a un pezzo di società e se ne ignora un altro. Pensiamo al bonus 110%, un esempio di redistribuzione alla rovescia. Oppure alla riconversione ecologica: non tutti possono permettersi di comprare un’auto elettrica. Per questo bisogna dire chiaramente che i costi della transizione non possono essere scaricati sui ceti popolari”.
Ecco poi l’elogio di Azione, unica forza politica ad aver intercettato le urgenze dei riformisti: “Non sono io a dare patenti di riformismo. Ma è evidente che in questi mesi Azione è stata l’unica a occuparsi, dall’opposizione, di temi concreti. E se c’è qualcosa chela pandemia ci ha insegnato, è che la politica per risolvere i problemi deve essere pragmatica”. Adesso, dal Pd arrivano dei commenti critici sulla scelta di D’Amata, che risponde: “Non voglio fare polemiche. Ma credo di aver sempre mostrato generosità, anche in campagna elettorale. Nella quale non tutte le forze politiche si sono impegnate come dovevano per sostenermi, e di questo mi rammarico. Ma ribadisco che l’avversario, per me, resta la destra”. Infine, sulla possibilità di candidarsi alle Europee: “Con Calenda non abbiamo affrontato questo tema. Che, al momento, è fuori dal mio orizzonte”.